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Vilius Kavaliauskas: Una spinta svedese alla nostra libertà: nel 1989 ci consideravamo anche noi persone libere

C’è stata sorpresa anche tra gli oppositori, ma in modo diverso: “Terleckas insieme a Paleckis?…”.

Di quell’incredibile incontro rimasero solo pochi testimoni – Justas, Antanas Buračas e Profesorius – la cui foto fu prestata da Justas Paleckis.

Si dice che Arvydas Juozaitis, invitato a Gotland, abbia scelto un pubblico più numeroso: una marcia rock.

Ma questo non sminuisce i meriti di tutti coloro che già nel 1989 pensavano allo Stato.

In generale, sarebbe interessante sapere come è nata l'”impronta svedese”.

Nel 1991 ho scritto un articolo per il Dagens Nyheter, il più importante quotidiano di Stoccolma, sull’assistenza dei servizi segreti svedesi alla resistenza lituana del dopoguerra.

Il giornale si rallegrò, pagò un grosso compenso, e poi disse tristemente che non l’avrebbe stampato, perché queste cose sono soggette a “100 anni di segretezza”.

Forse è per questo che non sappiamo tutto?

E nel 1989, gli svedesi ricordarono alla Lituania se stessi ancora una volta.

Il ministro degli Esteri svedese, Sten Andersson, si recò a Vilnius (Mosca aveva vietato ai politici occidentali di visitare le repubbliche baltiche, e loro non vi si recarono a causa della controversia sull’annessione).

Ricordo l’immagine che colpì molti: un ministro snello e simpatico con un imponente entourage in abiti eleganti.

Nell’autunno dello stesso anno, il governo svedese (!) invitò due giornalisti lituani – Rimvydas Valatka e io – a un viaggio creativo.

Scrivemmo 15 articoli in una settimana, coprendo l’intera Svezia – dal futuro primo ministro Karl Bildt al rigido regime carcerario e alla squadra di polizia notturna per proteggere le prostitute.

Non eravamo ancora un Paese, ma eravamo già visti come tali dai nostri vicini.

Nel 1989 ci consideravamo anche persone libere.

Quasi svedese.

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