Ogni sei mesi il mio bisnonno era convinto che sarebbe morto. Don José entrò dalla porta e rassicurò mia nonna che, però, finì per chiamare il prete per darle i quadri ad olio. L’hanno benedetto così tante volte che, se il paradiso ha un buon profumo, è grazie al mio bisnonno. Don José è stato l’uomo fortunato che si è preso cura della famiglia di mio padre in paese. Don Jesús, da mia madre. Ricordo che quest’ultimo fumava in ufficio mentre mi prescriveva le iniezioni. Quindi, tutto è stato risolto con le forature.
L’uomo fortunato è un classico del critico d’arte John Berger che racconta la storia di un medico di campagna. Dopo aver scoperto una vecchia copia in casa sua, la scrittrice Polly Morland riconosce alcuni dei luoghi che compaiono nelle fotografie che lo illustrano e decide di raccontare la storia della donna che ora occupa la sua posizione. L’idea del paesaggio come corpo vivo di cui le persone fanno parte è qualcosa che percorre tutto il libro e contrasta con la mobilità obbligatoria che il nostro modello richiede. Il contrasto tra i due tempi è il fulcro e, anche se inevitabilmente si insinua, la nostalgia non permea tutte le pagine. Forse la delicatezza con cui è scritto e il senso di speranza che trasmette lo impediscono.
Berger racconta l’avvento del sistema sanitario nazionale e Morland racconta il processo inverso. Nel mondo del medico i rapporti umani sono diventati economici, dove prevale la produttività ed è necessario astrarre. Il libro dimostra l’importanza della continuità nelle cure primarie, cosa che è stata dimostrata anche con i numeri. Avere lo stesso medico di famiglia, qualcuno che ti conosce e di cui ti fidi, può prevenire le malattie e allungare la vita di diversi anni. Forse l’obiettivo del modello economico è l’opposto. Per la dottoressa l’opportunità della medicina rurale le ha fatto ritrovare l’amore per la professione grazie alle sue radici e alle sue cure.
Nel racconto di Morland è perfettamente chiaro come lo smantellamento delle cure primarie abbia delle conseguenze, poiché trasmette un senso di frammentazione e fragilità alle società. Tutto dipende dall’atteggiamento personale di ciascun medico. L’austerità provoca un traboccamento del servizio che, a volte, sfocia in un confronto orizzontale medico-paziente che il nostro modello risolve trasformandolo in dipendente-cliente.
Una persona che si toglie i denti perché non vuole andare dal dentista, un’altra che porta un campione di urina in un barattolo di miele, un eczema in un bambino scoperto in tempo. Storie umane costellano il libro e la necessaria discrezione dell’autore offusca un po’ la proposta. Forse acquisterebbe vitalità letteraria con più continuità e concretezza: qualche nome che ci prende per mano, qualche trama che ci cattura.
Sì, c’è un senso narrativo nel finale. La pandemia chiude il libro e Morland racconta come il medico diventa la spina dorsale della sua comunità fino al processo di vaccinazione. Serve come collante sociale, sistema di contatto e volto dello Stato. Ci ricorda che non siamo soli, che esistiamo, qualcosa che abbiamo apprezzato con applausi e che oggi abbiamo dimenticato.
Polly Morland
Traduzione di Vanesa García Cazorla
Errori della Natura, 2024
304 pagine. 23 euro