Il Tribunale di primo grado e Istruzione 3 di Alcoi, ad Alicante, ha respinto la causa per la morte di 15 persone e il ferimento di altre tre nella casa di cura DomusVi durante la pandemia di covid-19, in cui i parenti delle vittime hanno affermato più di 2,2 milioni di risarcimenti. Il magistrato ha escluso un atto di negligenza da parte della società che gestisce il centro. La sentenza non è definitiva e può essere impugnata.
Il giudice ritiene che non sia stato dimostrato che la società convenuta, Quavitae Servicios Asistenciales SAU, abbia tenuto un comportamento negligente riguardo all’ingresso del virus nella casa di cura, alla sua diffusione o all’assistenza fornita ai residenti. La delibera ricorda che una residenza non è un ospedale e che la negligenza medica che i ricorrenti attribuiscono alla società «non è paragonabile a quella che si pretende imputare nei casi di negligenza esclusiva del professionista sanitario», poiché i professionisti della casa di cura erano “condizionato da una mancanza di mezzi a loro non imputabili”.
La sentenza, lunga 257 pagine, è stata notificata alle parti questo giovedì, dopo aver analizzato in modo approfondito le prove documentali e le dichiarazioni dei testimoni e dei periti che hanno partecipato al primo processo civile in Spagna sulla gestione di una casa di cura durante la pandemia, svoltosi tra 30 settembre e 10 ottobre dello scorso anno.
“La situazione pandemica che viviamo dal marzo 2020 in Spagna non rientra in alcun tipo di margine di normalità” e “ha superato i limiti di qualsiasi attività socio-sanitaria, per quanto dotata di mezzi”, si legge nella risoluzione del tribunale. . La comparsa del virus Sars-Cov-2, infatti, ha causato una “totale carenza di operatori sanitari e socio-sanitari disponibili sul mercato del lavoro”, così come si è verificata la mancanza di materiale, “un problema che ha interessato a livello internazionale” e che quindi , essa non può essere imputata alla società convenuta, precisa la sentenza.
Il giudice spiega che una “giusta prosecuzione” di questo contenzioso richiede di partire “non da ciò che si sapeva adesso sul virus, a quasi cinque anni dall’origine della pandemia, ma da ciò che si sapeva allora, alla fine di febbraio 2020, quando nemmeno la comunità scientifica aveva stabilito che il contagio fosse prodotto da microgoccioline e non da goccioline più grandi, come inizialmente sostenuto”.
Infatti, “se il nostro Esecutivo non ha potuto prevedere o prevenire la pandemia, non è necessario esigerlo da una persona giuridica privata, che almeno ha portato avanti in alcune azioni le raccomandazioni e le linee guida regionali”, afferma.
Per quanto riguarda la possibile mancanza di professionisti che si prendano cura dei residenti, la sentenza precisa che, a partire da marzo 2020, la residenza DomusVi ha rispettato “più che ampiamente le proporzioni del personale” e ha assunto “numerosi lavoratori, sempre nella misura del possibile”. per far fronte alle nuove esigenze causate dal virus”. “Né il coimputato è responsabile delle assenze per malattia avvenute durante il periodo pandemico a causa del contagio dei suoi lavoratori, e di non aver potuto sostituire tali assenze per malattia con nuovi dipendenti”, sottolinea il giudice.
La risoluzione analizza in dettaglio le dichiarazioni dei molteplici testimoni che hanno partecipato al processo e si concentra, in misura maggiore, su quella dell’ex capo della sezione dell’Unità di ricovero domiciliare (HU) dell’Ospedale Virgen de los Lirios di Alcoi. Da tali testimonianze il giudice rileva «un’evidente contraddizione in diversi punti» che rende impossibile precisare quando, come ha affermato il suddetto teste, «vi erano ospiti ammalati in tutta la residenza». Molti aspetti della sua testimonianza, come il fatto che durante una visita trovò due defunti, non hanno potuto essere accreditati nemmeno da altre prove.
La sentenza esclude che l’ingresso del Covid nella residenza potrebbe essere impedito, “anche se si fossero ottenute più forniture mediche”, a causa del numero di lavoratori, residenti e familiari in visita, come hanno riconosciuto anche gli esperti sanitari .
Lo stesso è avvenuto con la diffusione del virus, riguardo al quale sottolinea che era “molto difficile, quasi impossibile, elaborare una strategia per prevenirlo”, visto il precedente periodo di incubazione della malattia, in cui non compaiono sintomi, o l’esistenza di persone infette asintomatiche.
In ogni caso, DomusVi de Alcoi già l’8 e 9 marzo 2020 ha tentato di «limitare il più possibile le visite di tutti i familiari» e ha adottato il cambio di camera come «misura di isolamento o settorializzazione», sostiene il giudice.
Inoltre, le norme e raccomandazioni delle autorità sanitarie, adottate dalla Generalitat il 10 dello stesso mese, imponevano l’isolamento di un residente solo quando comparivano sintomi di contagio e nella residenza di Alcoyan questi sintomi “non si manifestano fino al 14 marzo”, dopo aver confermato due positività all’ospedale cittadino.
Per il tribunale non vi è stata negligenza nei confronti degli ospiti derivante dalla mancanza di personale del centro né dal mancato rispetto da parte dell’azienda dei protocolli vigenti. «Nessun avviso, avviso o raccomandazione venne ignorato», quando allora «il messaggio delle istituzioni pubbliche era di tranquillità, come dimostrato dalla celebrazione di eventi festivi, sociali, sportivi e culturali avvenuti nelle date immediatamente precedenti». alla dichiarazione dello stato di allarme”.
Il giudice esclude inoltre un comportamento negligente nel fatto che i residenti contagiati non siano stati ricoverati in ospedale, poiché l’ospedale di riferimento, Virgen de los Lirios de Alcoi, “era al limite al momento del focolaio nella residenza” e ha informato la residenza che non era in grado di prendersi cura di loro.
D’altra parte, le perizie forensi fornite dalla società convenuta sconsigliavano tale deferimento per la situazione di collasso dell’ospedale e per le patologie pregresse e per l’età avanzata dei residenti e stabilivano che nel centro residenziale avrebbero potuto ricevere “migliori cure, o almeno più umano”.
La decisione giudiziaria esamina anche la storia clinica di ciascuno dei deceduti e conclude che non vi è alcuna prova che DomusVi sia stata “negligente nella fornitura dei servizi sanitari, socio-sanitari e riabilitativi” di quelle 15 persone decedute o abbia violato le regole della chiamato Lex Artis riguardante i tre residenti feriti.
Il giudice intende inoltre che in questo caso non sussistono i presupposti stabiliti dalla giurisprudenza della Suprema Corte per stabilire un “nesso causale tra eventuali comportamenti colposi nell’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e riabilitativi” da parte dell’azienda e i danni. . per cui viene rivendicata la loro responsabilità contrattuale.
Il tribunale, invece, assolve l’assicuratore della residenza, Mapfre, che sia Quavitae che gli attori principali avevano citato in giudizio, dopo aver dichiarato valida una clausola della polizza contrattata con la residenza che ne limitava la copertura temporanea fino al 31 dicembre 2020. poiché il primo reclamo rivolto alla società è avvenuto al di fuori di tale periodo, precisamente il 10 marzo 2021.
Per quanto riguarda le spese procedurali, e sebbene il giudice non nutra “dubbi nel merito al momento della sentenza”, quelle causate a Quavitae non vengono imposte alle parti ricorrenti perché tali dubbi “avrebbero potuto esistere” “al momento del deposito della domanda”. causa.”