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Storia del panettone: il passato industriale e perché in Italia è solitamente più buono | Il Comidista | Gastronomia


Confessati, quanti panettoni hai già mangiato questo mese? La febbre del panettone non si ferma in Spagna, e ogni anno sempre più maestri panettieri e pasticceri iniziano a produrre il loro panettone artigianale. Tale è il livello raggiunto dalla Spagna che ha vinto il campionato Coppa del Mondoil concorso più prestigioso del settore, è Tonatiuh Cortés, panettiere messicano con sede a Barcellona che qualche anno fa abbiamo torturato provando le versioni da supermercato di questo dolce.

Ci piace far risalire l’origine dei nostri piatti agli albori della civiltà, ai Romani se possibile o almeno al Medioevo. Per qualche motivo sembra che nelle cucine più vecchie sia meglio, mentre le facciamo cottura in lotticuciniamo con il crockpot o a friggitrice e incorporiamo miso e burro di arachidi nelle nostre colazioni. La cucina, però, è una continua evoluzione, e il panettone ne è un buon esempio.

1340, origine presa con una pinzetta

È vero che nella Milano del 1300 a Natale si mangiava qualcosa di speciale? Sì: era consuetudine mangiare pane bianco molto grande. Stanislao Porzio, in Il Panettone. Storia, leggende e segreti di un protagonista del Natale spiega che nel dialetto meneguin si chiamava questo pane Panatton –probabilmente riferito al pezzo di pasta iniziale utilizzato per la fermentazione–, ed ecco le somiglianze con il panettone di oggi: un pane di grano fermentato, molto grande. Non c’erano zucchero, burro, uova e tanto meno uvetta o frutta. Cosa c’era di così speciale allora? Che era un pane di grano bianco, un lusso che non era alla portata di nessun cittadino, che solitamente doveva accontentarsi di pani più umili ai cereali. Eppure, questo Panatton Era accessibile solo a chi ne aveva i mezzi: mercanti e artigiani, la futura piccola borghesia. Dire poi che il panettone affonda le sue origini nel XIV secolo è un po’ azzardato: forse è più corretto dire che a Milano da sette secoli esiste l’usanza di mettere una grande pagnotta al centro della tavola. Questo pane si è evoluto poco a poco fino a raggiungere quello che conosciamo oggi.

1840, ci siamo quasi ma non è così

Nel 19° secolo abbiamo già il protopanetone: al pane integrale sono stati aggiunti burro, zucchero, uova e uvetta. Ha poco lievito, è molto densa e ha una forma appiattita. Si tratta pur sempre di un prodotto locale, forse conosciuto tra i buongustai, ma poco altro. È piuttosto simile ad altri dolci natalizi italiani come: pangiallo di Roma o il pandolce da Genova. Quest’ultimo infatti viaggiava con gli emigranti italiani in Argentina e lì è ancora tradizionale il Natale. Questo panettone largo e basso è qualcosa di molto tipico nella Milano di fine Ottocento e lo preparano molte pasticcerie prestigiose.

1930, arriva il panettone moderno

Il panettone come lo conosciamo oggi è una creazione di Angelo Motta: intorno al 1923 questo pasticciere decise di modificare la ricetta tradizionale, arricchendola con più burro e zucchero e aumentando i tempi di fermentazione. Da pane dolce con le cose si trasforma in un panino selvatico a lievitazione naturale. L’impasto risulta più morbido, e per farlo crescere e tenere meglio si aggiunge la caratteristica striscia di carta che rende sottile il panettone. Nel 1931 Motta inaugura il suo primo stabilimento di grandi dimensioni: inizia così un processo di semiindustrializzazione, in cui si mantengono gli ingredienti della pasticceria artigianale, ma il lavoro viene strutturato pensando ad una produzione più ampia.

Sembra un formaggio ma è un panettone
Sembra un formaggio ma è un panettoneMotta

1950, la dolce vita

Il boom arrivò negli anni ’50, come in tutti gli altri ambiti della società italiana. Il panettone diventa popolare in tutto il Paese, ed è uno dei tanti simboli del benessere e del miracolo italiano. Questo è il momento in cui viene forgiata la tradizione del dare panettone & spumante negli uffici o alle cene di festa. Questa combinazione di qualità discutibile – panettone ordinario e spumante dolce – è ancora in vendita nei supermercati. Nascono e si consolidano i marchi più conosciuti perché sì, il panettone tanto diffuso a Natale è proprio questo, quello industriale. Bauli, Motta, Balocco, Maina Melegatti: la produzione si sposta nel veronese e il panettone si fa più morbido. Sono nati i panettoni senza frutta – per avvicinarli ai gusti dei bambini e perché, diciamolo, i canditi cattivi sono una punizione – e i derivati, i cugini pacchiani ripieni di creme improbabili.

1990, il panettone diventa artigianale

Con l’industrializzazione arriva anche la standardizzazione del gusto. Il panettone degli anni Ottanta è un prodotto standard, le diverse marche lottano per abbassare i prezzi e attirare i consumatori, tanto che nel periodo natalizio era possibile trovare panettoni per l’equivalente di due euro. Continua a essere uno specchio del futuro dei prodotti alimentari: il boom semiindustriale degli anni Cinquanta si è trasformato in banalizzazione e iperconsumismo negli anni Settanta e Ottanta, e negli anni Novanta, come reazione, si è sviluppata una consapevolezza della qualità artigianale.

Non è un caso che Slow Food sia nato nel 1986, come reazione all’omologazione, il cui simbolo fu l’apertura del primo McDonald’s proprio in Piazza di Spagna a Roma. È allora che il panettone torna nelle pasticcerie e la gente comincia a parlarne. panettone artigianale. Ma quello che ritorna è molto diverso da quello uscito quasi 100 anni prima. Gli artigiani non rielaborano quello piatto e denso del 1890, ma quello di Angelo Motta: alto, con lievito madre, con tanto burro, quello che passa attraverso il processo di restyling. Iginio Massari è uno degli artefici di questo rinascimento, insieme a figure come Rolando Morandin, Piergiorgio Giorilli e Achille Zoia. La ricerca si concentra sulle materie prime: farina, fondamentale affinché la mollica abbia struttura ma sia morbida, burro di qualità, uvetta e frutti che passano dall’essere una punizione a essere una delizia.

2005, qualità minima anche al supermercato

Oggi in Italia è possibile trovare panettoni da supermercato di discreta qualità. Sottolineo “in Italia” perché fuori da lì puoi fare di tutto e chiamarla così panettone: In Spagna, ad esempio, è facile trovare panettoni con margarina, con lievito industriale, con uova pastorizzate… e si vede. Nel mercato italiano, però, se porta il nome “panettone” sai che ha degli standard minimi: non vogliamo dire che siano dei miracoli, ma ottengono rasati consensi. Ciò è dovuto ad un decreto legge del 2005 che stabilisce i requisiti necessari affinché un prodotto possa chiamarsi così: l’unico grasso ammesso è il burro, che deve essere almeno al 16%, le uova devono essere fresche, non pastorizzate, con almeno il 4% tuorlo; l’uvetta e la frutta devono contenere almeno il 20%. Sono ammessi l’emulsionante e alcuni conservanti, che vengono utilizzati nella produzione industriale per conservare più a lungo il panettone.

E in Spagna?

Di solito facciamo coincidere l’arrivo del panettone in Spagna con l’opera di Paco Torreblanca, alla fine del primo decennio degli anni 2000. Non fu l’unico: altri pionieri del panetonificazione Gli iberici sono stati Oriol Balaguer, Miquel Saborit che ha iniziato intorno al 2009, o Yann Duytsche. Al di là di Torreblanca è chiaro che il panettone è entrato in Spagna attraverso Barcellona, ​​tanto che è lì che, dal 2016, il Gremi de Pastisseria de Barcelona organizza il Concorso del Miglior Panettone Artigianale di Spagna.

Perché ha avuto tanto successo? Parlo con Alejandro Fuertes Boto de Manín (Cangas de Narcea): “Il panettone piace al pubblico perché è qualcosa di abbastanza coinvolgente, sorprendente, ricco. E ai panificatori-pasticceri piace perché è una sfida: è un processo complesso da gestire in un panificio, gestire la pasta madre è fondamentale, e questo ci piace”. E aggiunge: “Un altro cambiamento importante in Spagna è stato quando ai pasticceri si sono aggiunti i panificatori, soprattutto artigiani, con padronanza della pasta madre e che hanno un’esperienza quotidiana nella fermentazione maggiore di qualsiasi pasticciere”.

Nel 2024 l’assimilazione è quasi totale: gli scaffali dei supermercati si riempiono di panettoni bizzarri come Conguitos o Cacaolat, e in qualunque provincia spagnola c’è un panificio o una pasticceria che si lancia a produrre il proprio panettone. Il livello sale ogni anno, e lo dimostra la rappresentanza spagnola in Coppa del Mondo quest’anno, dove oltre a Tonatiuh Cortés a vincere, c’erano Jesús Machi Loren, Daniel Jordá e Marea Bread.

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Luca

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Salve, mi chiamo Luca e sono l'autore di questo sito con utili consigli di cucina. Sono sempre stato affascinato dalla cucina e dagli esperimenti culinari. Grazie a molti anni di pratica e all'apprendimento di diverse tecniche culinarie, ho acquisito molta esperienza nel cucinare diversi piatti.