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Stop al settore bancario con il diritto dell’UE | Economia



Dopo 12 anni di lotta, gli avvocati José María Erauskin e Maite Ortiz rivendicano la vittoria. La loro tenacia e conoscenza giuridica hanno portato a una sentenza europea di cui possono beneficiare un milione di famiglie ipotecate che hanno pagato un prezzo extra fino a 40.000 euro, con una media di 24.987 euro, secondo Asufin. È la vecchia vertenza sui mutui indicizzati all’Irph, caratterizzati per essere sempre più cari di quelli riferiti al consueto Euribor. Mutui che hanno portato un ulteriore vantaggio alle banche a scapito delle classi medie e dei più vulnerabili. Goldman Sachs ha stimato in 44 miliardi di euro l’importo che le banche dovrebbero restituire se i tribunali ordinassero la restituzione di quanto addebitato in eccesso.

Il caso ha un significato enorme, sia per il numero delle persone colpite che per le possibili ripercussioni sui conti bancari. La questione offre numerosi insegnamenti. Mette in evidenza il ruolo svolto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), le preziose relazioni della Commissione europea a favore dei consumatori e l’impegno di alcuni giudici e avvocati.

Nell’Unione, quando un cittadino ha dubbi sulla conformità della legislazione nazionale o della dottrina della Corte Suprema del suo paese alle leggi europee, può chiedere a un giudice di interrogare la CGUE sul caso. È il modo per armonizzare le diverse legislazioni. Nel caso dell’IRPH, i giudici González de Audicana, Carmen Robles, Margarita Isabel Poveda ed Eva Cerón hanno interpellato più volte la CGUE sulla questione. La CGUE ha emesso sei ordinanze o sentenze dal 2020, l’ultima il 12. In ciascuna di queste risoluzioni, i giudici europei hanno ulteriormente affinato i criteri sulla trasparenza e sulla possibile natura abusiva dell’IRPH. L’interpretazione della Corte Suprema, però, è sempre stata tardiva nel riconoscimento dei diritti dei consumatori e le sue sentenze hanno favorito le banche.

Le domande alla CGUE sono state ispirate da un’opinione dissenziente su una sentenza della Corte Suprema del 2017 sull’IRPH dell’allora giudice Javier Orduña, sostenuta dal suo collega Javier Arroyo. Ritenevano che le banche non avessero commercializzato queste ipoteche in modo trasparente perché non avevano offerto tutte le informazioni ai loro clienti. Nel 2020, il giudice Arroyo ancora una volta non è stato d’accordo.

Orduña stima che “l’ultima sentenza chiude il cerchio e porta nel 99% dei casi a dichiarare il carattere abusivo della commercializzazione dell’IRPH”. Precisa che “tutto è dovuto all’ostinazione ribelle degli enti finanziari che non accettano la giurisprudenza europea e alla posizione timorosa della Corte Suprema”.

Per Erauskin e Ortiz la sentenza dimostra che “la dottrina della Corte Suprema trapela ovunque in relazione ai criteri di trasparenza, buona fede e abusività”. L’avvocato Adrián Rebollo, il cui lavoro è stato decisivo per arrivare alla sentenza del luglio 2023, stima che ci siano circa 100.000 cause pendenti nei tribunali. Dovrà pronunciarsi la Corte Suprema che aveva paralizzato queste questioni. Un milione di persone colpite stanno aspettando.



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