La mancanza di professionisti che comprendano questo è evidente in un presente pieno di curiosi che, utilizzando il principio del ‘tuttofare’, si cimentano in restauri senza conoscenze tecniche e sensibilità.
La casa di mia nonna era molto semplice e molto antica. Secondo lei circa 700 anni. Imbiancato, come ogni casa all’interno di Greciaproprio all’ingresso c’era una stanza più grande con un alto soffitto a volta e che lei intendeva come il luogo principale, dove cucinare e intrattenere la gente. Dall’esterno si accedeva ad un’altra stanza, con una porta che, seppur larga, obbligava a chinarsi per attraversare. Mi raccontò che era il luogo che, secoli fa, serviva da ricovero per gli animali e che, durante gli inverni gelidi, i miei antenati, pastori e pescatori, vi si rifugiavano, condividendo lo spazio con capre e pecore per scaldarsi la notte. . Dopo il pascolo e pescatrasformato in dormitorio secoli dopo. Un cortile con erbe e spezie che germogliavano a casaccio era il bersaglio preferito di qualche pollo randagio proveniente da qualche cortile del quartiere che, spudoratamente, razzolava nel giardino di qualcun altro. Arrabbiata, mia nonna urlava insulti ai suoi padroni, mentre prendeva la scopa per spaventarli. C’era solo bagno costruito quando mio padre, molti anni dopo, abituato al bagno caldo e confortevole delle terre brasiliane, decise di trascorrervi una stagione nel periodo dell’anno in cui l’intero quartiere era impegnato, compresi muli e capre, nella raccolta delle olive dagli oliveti . La cosiddetta “casa del necessario” e la vasca da bagno non facevano più per lui. Mia nonna, controvoglia, accettò l’instaurazione della cosiddetta “modernità”.
Il buon profumo del pesce fresco che cuoce in padella sul piccolo fornello a legna, la luce del sole che filtra attraverso la semplicissima tenda di pizzo inchiodata al muro dell’unica finestra della stanza e quella poltrona morbida, dalla tappezzeria consumata dal tempo, dove Mi piaceva rannicchiarmi per ascoltare i racconti che mi raccontava sugli orrori vissuti dalla sua famiglia durante le guerre, hanno lasciato segni indelebili su chi sono oggi, sulla mia personalità, sui valori e sui modi di vedere e relazionarmi il mondo e le persone. Quanto mi manchi, cara nonna.
Forse per questo, non ne sono sicuro, la casa dove vivo, la casa dove ho cresciuto i miei figli, sembra quasi un antiquario di ricordi di tutte le famiglie che mi hanno preceduto. Ricevo anche in regalo pezzi che non entrano più nella casa di un amico, ma che in qualche modo gli sono cari. I parenti lo trovano strano, soprattutto quelli influenzati dalle storie di fantasmi. Per me non importa cosa pensano. Niente che acqua e sapone non possano pulire. La mia famiglia si è abituata a questa strana abitudine. Insieme a tavoli, sculture, posacenere e quadri è un fiume di belle storie che, raccontate da donatori emozionati, tra un sorso di tè servito dalla teiera di qualcuno e una fetta di torta su un piatto decorato degli anni ’20 appoggiato su un vassoio d’argento , tutti adornati con fiori della stessa materia e che, lo confesso, mi impegnano molto a pulire, riempiendo i miei pensieri e i miei ricordi di storie che non ho vissuto.
Sia la casa di mia nonna che la mia casa mi ricordano delicati armadi che, come fedeli custodi, sono stati testimoni di segreti, risate, ricordi e momenti indimenticabili di innumerevoli generazioni. Mi sento onorato di poter fungere da anello di congiunzione tra ieri e oggi con storie che non mi stanco mai di ricordare e di raccontare a tutti coloro che vengono qui. Anche se non li hai vissuti. Toccando questi oggetti, il tempo fuggente, scandito da un presente usa e getta, consumato dall’importanza ormai mascherata da importanza, per me effimera e opaca, risaltano come simboli di resistenza, di permanenza, di cui si trasmette la sensazione di solidità in una rapidità infinita vita quotidiana.
Scrivo della dimensione sensoriale e della sua importanza per la sensazione di comfort e accoglienza che, fin da bambino, avverto ad ogni tocco nella consistenza del legno invecchiato, nel rumore dell’apertura di un cassetto, nell’odore di vernice e legno vecchio… ogni dettaglio è uno stimolo per ricordi ed emozioni. Alcuni buoni, altri non così tanto. Ecco perché una semplice poltrona può diventare un portale verso il passato, riportando vividi ricordi di momenti speciali con persone che, anche se non le conosco, mi sono care.
Non sono un nostalgico, né un accumulatore, anche se un vecchio falegname, che ha vissuto tante storie e al quale mi rivolgevo disperatamente quando le termiti insistevano per impossessarsi di qualche oggetto del mio affetto, ribadiva, ogni volta che passava attraverso la porta principale, che il posto mi ricordava un negozio di antiquariato, se non un museo. Il tempo, che non perdona nessuno, si è associato a Thanatos e lo ha preso, lasciando in me, e nelle sue riforme e restauri, la presenza delle sue mani callose impresse su ogni oggetto oltre alla buona prosa che solo la saggezza di chi ha capito l’anima di mobilia come se nessuno potesse andarsene.
Rinnovare e restaurare vecchi mobili è un atto di affetto, di rispetto per la storia e per i ricordi che custodiscono. È come dare nuova vita a questi oggetti, permettendo loro di continuare a raccontare le loro storie a chi, come me, non le ha vissute. Il restauro, effettuato con rispetto ed etica, fa sì che l’anima del mobile venga preservata, mantenendo viva la sua storia.
Restaurando un mobile antico non solo si preservano le tradizionali tecniche di falegnameria, ma si valorizza anche l’artigianato. Il restauro, nella sua essenza, trascende la mera tecnica e diventa arte, divenendo veicolo di espressione di valori etici d’altri tempi. Oltre a preservare l’autenticità e il valore storico dei mobili, il restauro richiede un impegno di giustizia, compassione e responsabilità e diventa un atto di conservazione della memoria, della storia e dell’identità culturale, ispirando apprezzamento per il passato e la sua connessione con il presente.
Come il vecchio falegname che Thanatos si è assunto per dare anima agli oggetti celesti che confortano la vita quotidiana di tutti gli dei del Cosmo e, perché no, delle anime che eventualmente vagano per l’universo, restaurare vecchi mobili è un atto che trasmette emozioni . In ogni ristrutturazione c’è amore per l’artigianato e dedizione che non solo riportano in vita gli oggetti, ma rinnovano anche la storia e i ricordi che custodiscono.
La mancanza di professionisti qualificati per comprendere “l’anima degli oggetti” è evidente in un presente pieno di curiosi che, affidandosi al principio del “tuttofare”, così radicato nella cultura brasiliana, si cimentano in restauri senza le conoscenze tecniche e la sensibilità necessarie per eseguire svolgere un compito così nobile.
In questo scenario si distingue il Programma di Restauro del São Paulo Jockey Club che, dal 2020, trasforma l’Hipódromo Cidade Jardim, uno dei complessi Art Déco più grandi al mondo, in un centro di eccellenza per la formazione di nuovi artigiani e restauratori. Attraverso un corso gratuito in collaborazione con Elysium Sociedade Cultural, i giovani dai 17 ai 30 anni apprendono tecniche di restauro, storia dell’arte e educazione al patrimonio, sviluppando competenze per preservare l’autenticità e il valore storico dei mobili. Il progetto ha già recuperato più di 200 pezzi, tra poltrone, tavoli, sedie e lampade, lavorando con materiali diversi come legno, pelle, porcellana e arazzi. Questa azione non solo forma professionisti qualificati, ma contribuisce anche alla conservazione del patrimonio storico e culturale e alla valorizzazione del lavoro artigianale.
Osservando la ricchezza di questo lavoro, è possibile vedere l’impatto culturale di tali iniziative: si forma una nuova generazione di artigiani e restauratori, mentre storie e ricordi vengono preservati per l’oggi e il domani. Restaurati, questi oggetti sono più che semplici pezzi decorativi; sono portali verso il passato, che trasmettono identità, tradizione e un senso di continuità – una sorta di resistenza all’effimero della modernità. Ci raccontano la nostra cultura e, come narrazioni viventi, collegano generazioni, trasmettendo non solo tradizioni e ricordi, ma anche un senso di lentezza, reagendo al ritmo veloce del mondo contemporaneo.
*Questo testo non riflette necessariamente l’opinione di Jovem Pan.