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Nelle case, nella gente, in ‘Middlemarch’ | Letteratura


Una delle mie recensioni preferite sul social network librario Goodreads, tariffe Orgoglio e pregiudizio con una stella su cinque e aggiunge “Un pugno di persone che vanno a casa l’uno dell’altro e basta”. Mi viene da sorridere ogni volta che ci penso, perché se la lettrice in questione, anche se non senza motivo, guardasse un po’, vedrebbe che è proprio sotto il suo rimprovero che sta la grandezza dell’opera. La feroce recensione mi torna in mente mentre rileggo quello che è sicuramente il romanzo di punta della letteratura vittoriana: Middlemarchdi George Eliot, che ora recupera La Casa dels Clàssics nella traduzione di Xavier Pàmies che, oltre al lavoro di traduzione di un inglese del XIX secolo in un catalano naturale e molto piacevole, ha anche aggiornato un mucchio di “espressioni e riferimenti culturali che fai respirare il romanzo con una nitidezza che ti invita a rimanere comodamente per ben più di mille pagine.

Quando Eliot, pseudonimo di Mary Ann Evans, scriveva Middlemarch era già sulla cinquantina ed era stufa della società ipocrita in cui aveva dovuto lottare, come donna – viveva una vita matrimoniale con un uomo senza mai sposarlo, con lo scandalo che ciò comportava – e come una scrittore – senza mai essere pienamente riconosciuto da critici e scrittori, pur avendo costruito un’opera più solida di quella di alcuni di loro -, come sottolinea la scrittrice Núria Perpinyà nel magnifico prologo che accompagna l’edizione. Probabilmente è per questo che, nel sottotitolo del romanzo, opta per uno studio della vita di provincia ed evita le “scene” più convenzionali, perché Middlemarch è esattamente questo: uno studio attento della società rurale inglese dell’epoca, non solo in termini di convenzioni sociali, apparenza e repressione, ma soprattutto delle implicazioni morali ed etiche di questo tessuto sociale e delle conseguenze che esse hanno nella costruzione del nostro vite e quelle degli altri.

Ed è proprio in questa disponibilità di approfondimento che resta lontana l’idea di fondo dei rapporti proficui e delle trame nuziali accennate dal frequentarsi a casa: la profondità del ritratto psicologico dell’autore, in un onnisciente che perde l’obiettività quando emerge brillantemente in affermazioni altisonanti (“chi non sa considerare una questione da diversi punti di vista è perché ha una mentalità ristretta”, “gli spiriti ardenti determinati a plasmare la sua vita futura tendono ad impegnarsi per realizzare i propri sogni” o il famoso “le persone sono quasi sempre migliori di quanto pensano i loro vicini”) che servono a ritrarre un’ampia gamma di ambizioni che passano naturalmente attraverso l’amore e la vocazione ma anche il denaro e il benessere . Il più interessante di Middlemarchsecondo me, è la naturalezza con cui Eliot si avvicina alla ricerca del benessere economico, della tranquillità che danno le risorse materiali, senza giudizi morali – è sempre brutto parlare di soldi -, o vuoti eroismi e come, a allo stesso tempo, avvertiamo che non c’è niente di più pericoloso dell’autoinganno. Dorothea Brooke, una delle protagoniste più memorabili della letteratura mondiale, è tanto appassionata quanto contraddittoria ed è proprio questa visione che rifugge un’identità monolitica a renderla così umana. Brooke esita e fa concessioni, si fa strada attraverso luoghi strani e frustranti e il suo, diremmo, è un lieto fine che non si basa sul caso ma su decisioni e su una lucidità che finisce per imporsi senza discorsi e che non c’entra niente con virtù o ricompensa. Il bene e il male, sembra dirci Eliot, non sono assoluti, dipendono dal contesto e dalle circostanze. Forse per questo Virginia Woolf disse di lei a Il lettore comune che era “uno dei pochi romanzi inglesi per adulti”.

Il mosaico dei personaggi di Middlemarchche sorreggono le trame principali (il triangolo amoroso tra Dorothea, Casaubon e Ladislav, la vocazione al progresso di Lydgate e il contrasto con la superficialità di Rosamund, la storia d’amore tra Fred e la pragmatica Mary e le oscure vicende che ‘si nascondono dietro la rettitudine di Bulstrode) viene amplificato , dai rispettivi archetipi, per mostrarci una società tesa, mal ospitata e, a volte, codarda di fronte alle convenzioni in un momento di cambiamenti e dibattiti politici sul progresso e sul cambiamento, su un nuovo modo di essere nel mondo in un panorama che opera ancora da confini conservatori e di welfare, in cui coloro che si distinguono non hanno posto e, di conseguenza, devono fuggire da loro.

Giunto a questo punto, probabilmente non ho bisogno di spiegarvi come ci interpella un’opera che, pur scritta nell’Ottocento, resta assolutamente valida in un’epoca come la nostra, in cui l’apparenza è spesso più importante del vero, in cui sembra che il ritorno a un passato glorioso sia l’inganno con cui alcuni tentano di raggiungere il potere negando la lucidità a cui la realtà dovrebbe spingerci. In questo senso, le domande a cui Eliot risponde sono ancora assolutamente contemporanee. Perché ci sono state case e persone che ci vanno per tutta la vita. Middlemarch è eterno perché non è solo case e persone, perché non è solo una città. Ciò che Mary Ann Evans evoca in questo romanzo è un intero universo, duraturo, senza tempo e profondamente umano, con tutto ciò che, nel bene e nel male, ciò comporta.

Quaderno di Middlemarch

Middlemarch

Giorgio Eliot
Traduzione di Xavier Pàmies
La Casa dei Classici. Bernat Medge
1.104 pagine. 39,95 euro



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Luca

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