Morte in clinica estetica: i medici avvertono sulle procedure extraospedaliere
Dopo la morte dell’estetista Paloma Lopes Alves, 31 anni, martedì scorso (26) dopo essersi sottoposta a un idrolipo, la Camera Tecnica di Chirurgia Plastica del Consiglio Regionale di Medicina dello Stato di San Paolo (Cremesp) ha espresso preoccupazione per l’andamento dell’idrolipo queste procedure in un ambiente clinico e non ospedaliero, con tutte le risorse adeguate.
Durante un intervento chirurgico dal dottor Josias Caetano dos Santos, al Mana Hospital Day, Paloma ha avuto un arresto cardiorespiratorio ed era privo di sensi. È stata soccorsa dal Servizio Mobile Care (Samu) e portata all’ospedale municipale di Tatuapé, dove è arrivata morta.
Secondo Cremesp, la liposuzione, sebbene ampiamente riconosciuta come una procedura sicura se eseguita correttamente, è un intervento chirurgico che richiede preparazione tecnica, infrastrutture adeguate e una rigorosa aderenza agli standard di sicurezza ed etica medica.
Tra i fattori essenziali di successo vi sono la prestazione in un ambiente autorizzato e approvato dagli organismi di sorveglianza sanitaria, con una struttura ospedaliera che consenta la gestione di possibili complicanze e il supporto vitale avanzato.
Il chirurgo responsabile deve essere abilitato e abilitato specificatamente all’esercizio della chirurgia plastica (iscritto al Consiglio Regionale di Medicina, essendo uno specialista riconosciuto con l’Albo di Qualifica Specialistica) e l’equipe medica e multidisciplinare coinvolta deve essere preparata ad affrontare le complicanze ed essere dotato delle risorse necessarie per una risposta rapida ed efficace alle emergenze.
Cremesp avverte inoltre che l’intervento deve essere condotto nel rispetto degli standard etici e tecnici, con una rigorosa valutazione dello stato di salute del paziente, un’indicazione precisa della procedura e una comunicazione chiara e dettagliata dei rischi e dei benefici connessi.
“Ribadiamo che la banalizzazione di qualsiasi procedura chirurgica, non importa quanto piccola possa sembrare, è inaccettabile. La decisione di sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica inizia con la scelta del professionista e deve essere presa con consapevolezza e solidità. Gli interventi di chirurgia plastica, come la liposuzione, non sono esenti da rischi e trattarli come procedure banali compromette la sicurezza del paziente e va contro i principi fondamentali della medicina”, afferma Cremesp in una nota.
Il chirurgo plastico e membro a pieno titolo della Società Brasiliana di Chirurgia Plastica Luiz Haroldo Pereira avverte che idrolipo e liposuzione sono la stessa operazione e che idrolipo è solo un nome di fantasia per dare l’idea che la procedura può essere eseguita in cliniche e ambulatori. Egli sottolinea che qualsiasi liposuzione, qualunque sia la sua dimensione, è un’idrolipo, poiché soluzione salina e adrenalina vengono infiltrate nel sito chirurgico.
“È lo stesso principio di tutta la liposuzione. Non è meno invasivo, è invasivo come qualsiasi altro intervento chirurgico. La differenza è che pensano che costi meno, che lo fanno ovunque e in più sedute. Ciò spesso causa un problema perché se non ci sono risorse dove viene eseguito l’intervento e se c’è depressione respiratoria, il medico non ha modo di recuperare il paziente. In ospedale hai tutte le risorse per la rianimazione e l’intubazione, permettendo che tutto proceda normalmente”, ha spiegato.
Il medico sottolinea inoltre che, oltre ad essere eseguita in un ambiente ospedaliero adeguato, la liposuzione deve essere eseguita dopo consultazioni vis-à-vis e approfondita analisi del caso di ciascun paziente, valutando la necessità di un tale intervento chirurgico e la salute clinica , attraverso esami preoperatori, che non sono dispensabili in nessuna situazione.
“Spesso la consultazione avviene solo tramite video e incontrerai il medico solo il giorno della procedura. È un modo per eludere la legislazione e per una mancanza di cura della persona, che non è stata sottoposta ad analisi cardiologiche, esami del sangue e non conosce il paziente dall’interno. E il chirurgo non ha avuto la possibilità di parlare, di stabilire un’intimità con il paziente perché sarà lui a prendersi cura della vita di quella persona. E trovarsi in un luogo inappropriato è dove tutto si complica, perché tutto è iniziato storto. E quando le cose iniziano male c’è una maggiore possibilità che finisca male, più che mai”.
Municipio
In una nota, il Dipartimento municipale di sanità (SMS) ha affermato di essere dispiaciuto per la perdita e di simpatizzare con la famiglia di Paloma. Ha inoltre informato che il servizio mobile di pronto soccorso (Samu) è stato chiamato martedì alle 12:42 (26) e che l’ambulanza è entrata in servizio alle 12:43, arrivando sul posto alle 13:09. “Il paziente è stato portato all’Ospedale Municipale Dr. Cármino Caricchio (Tatuapé), essendo ricoverato al pronto soccorso. Sono state effettuate tutte le manovre di rianimazione, come da protocollo, ma purtroppo è deceduto”, si legge nella nota.
Secondo il municipio, una squadra del Coordinamento della sorveglianza sanitaria (Covisa) si è recata ieri mattina (27) presso la clinica dove è stato effettuato l’intervento, nella zona est della città, e ha trovato il locale chiuso. È stato inoltre verificato che l’Ospedale Mana Day, situato all’indirizzo, non dispone di licenza sanitaria della Sorveglianza Sanitaria Comunale né è stata presentata richiesta di licenza sanitaria, con conseguente sanzione e chiusura.
La difesa del medico
L’avvocato del dottor Josias Caetano dos Santos, Lairon Joe, ha detto che Paloma ha firmato un modulo di consenso che è già stato inviato dal CRM (Consiglio Regionale di Medicina). “Il marito della paziente, Everton Reigiota, ha firmato il modulo di anestesia come testimone. In questo termine, l’embolia polmonare è una complicanza che può portare alla morte”. Nella nota emessa dall’avvocato si legge inoltre che Everton era presente in clinica ed è stato informato di tutti gli sviluppi della procedura, dei sintomi presentati in sala risveglio e del processo di rianimazione.
Lairon Joe ha sottolineato che l’insorgenza di tromboembolia polmonare dopo l’intervento chirurgico non è necessariamente correlata alla tecnica utilizzata dal chirurgo durante l’intervento, ma a diversi fattori.