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Meta critica la sentenza STF su Marco Civile – 12/12/2024 – Potere


UN Meta (proprietario di FacebookInstagram e WhatsApp) ha diffuso una nota criticando le proposte finora avanzate nella sentenza di STF (Supremo Tribunale Federale) sul regime di responsabilità delle piattaforme digitali riguardo ai contenuti dei loro utenti e in cui sostiene il raggiungimento di una “soluzione equilibrata” e con “linee guida chiare”.

“Nessuna grande democrazia al mondo ha mai tentato di attuare un regime di responsabilità per le piattaforme digitali simile a quello suggerito finora nella sentenza STF”, si legge in una nota di giovedì (12), che cita le seguenti norme dell’Unione europea, gli Stati Uniti e la Germania.

Con il titolo “Per una decisione equilibrata sul regime di responsabilità delle piattaforme in Brasile”, la società elenca ciò che ritiene preoccupante con parte degli argomenti menzionati nel processo. Dice anche che sostiene l’aggiornamento delle regole di Internet, ma aggiunge “con linee guida chiare per affrontare le sfide più importanti della società”.

La nota di Meta cita critiche e rischi, se l’articolo 19 del Marco civile da Internet fosse dichiarato incostituzionale, come hanno difeso i ministri I giorni di Toffoli e Luiz Fuxgli unici a votare finora.

“Le piattaforme digitali sarebbero soggette ad un ampio regime di notifica e rimozione e, allo stesso tempo, potrebbero essere ritenute responsabili praticamente per tutti i tipi di contenuti anche senza essere state notificate”, si legge nella nota.

Meta cerca ancora contrastare la critica all’inerzia nella lotta ai posti dannosi e parla del suo ruolo proattivo.

Anche IAB Brasil (Interactive Advertising Bureau), associazione che riunisce le aziende coinvolte nella pubblicità digitale, ha diffuso una nota criticando le proposte avanzate nella sperimentazione su questa attività. I membri includono Google, Meta, TikTok, iFood, Spotify, Mercado Ads, Globo, SBT e anche UOL.

Secondo la nota dello IAB, il regime finora proposto nella sentenza – che attribuisce alle aziende la responsabilità della pubblicità insieme agli inserzionisti – “presuppone che un veicolo
poter, ad esempio, verificare in anticipo lo stock di un prodotto pubblicizzato o garantire che il prezzo di ciascuna offerta pubblicata sia reale”.

Per l’associazione ciò è irrealizzabile (non solo su Internet, ma anche su altri media) e “compromette l’intero modello pubblicitario”.

Secondo la nota, la proposta contraddice la giurisprudenza della STJ (Corte superiore di giustizia) per la pubblicità su tutti i media, aggiungendo che la responsabilità dei veicoli pubblicitari sarebbe condizionata “alla prova di dolo o negligenza”.

“Una proposta diversa creerebbe un precedente preoccupante, con un diverso regime di responsabilità tra la pubblicità trasmessa su Internet e quella sui media tradizionali, come la televisione e la carta stampata”, afferma lo IAB.

La nota sottolinea inoltre il fatto che la norma Marco Civil discussa nel processo si applica non solo ai social network, ma a una vasta gamma di attori, evidenziando le varie società che fungono da intermediari nella distribuzione degli annunci pubblicitari. “Questi aspetti della proposta, combinati, generano un effetto molto grave sul settore”, afferma lo IAB.

Negli ultimi anni, i tentativi del Congresso di discutere maggiormente i doveri dei social media, inclusa la modifica del loro regime di responsabilità, hanno finito per arenarsi. Uno dei principali progetti sull’argomento, il Fake News PL, è stato oggetto di forti pressioni da parte di aziende e politici bolsonaristi, che hanno cercato di attribuire alla proposta l’etichetta di censura.

Tuttavia, come dimostrato da Fogliose il Paese segue tesi come quelle presentate da Toffoli, Il Brasile avrà la regolamentazione “jabuticaba”, che non esiste nelle principali democrazie del mondo.

Secondo la normativa attuale, le reti possono essere condannate a pagare un risarcimento per i post dei loro utenti solo dopo il mancato rispetto di un ordine del tribunale. Approvato nel 2014, questo modello aveva lo scopo di proteggere la libertà di espressione, non incoraggiando le aziende a rimuovere i contenuti per paura di azioni legali.

Il clima in Corte Suprema è favorevole a stabilire limiti alle reti, ma non dovrebbe esserci consenso su un possibile ribaltamento totale dell’articolo 19, come ha difeso Toffoli in un voto della settimana scorsa. Inoltre, il numero di variabili poste nel dibattito dovrebbe rendere difficile la formazione di una maggioranza per una tesi sull’argomento – che dovrebbe essere applicata dagli altri tribunali.

Non impedisce, invece, alle piattaforme di applicare le proprie regole per rimuovere i contenuti. Né, tuttavia, creano incentivi affinché agiscano.

Nel suo voto Toffoli propone come nuova regola generale che le piattaforme saranno ritenute responsabili dal momento in cui verranno informate. Egli crea, tuttavia, eccezioni ampie e generiche a questa linea guidaad esempio contenuti moderati o consigliati dalle reti.

Già Fux ha difeso quelle piattaforme possono essere ritenuti responsabili dei contenuti di terzi nel caso in cui siano “inequivocabilmente consapevoli della conoscenza di atti illeciti”, sia perché “evidenti” sia perché “debitamente informati con ogni mezzo idoneo”, e non rimuovano immediatamente il contenuto. E ha difeso il dovere di monitorare proattivamente i contenuti criminali. Ha inoltre difeso la responsabilità anche senza preavviso in caso di post potenziati.



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Luca

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