Mercoledì alle 16 il primo ministro francese Michel Barnier sarà sottoposto a un dibattito accompagnato da due mozioni di censura: una presentata dalla sinistra e l’altra dall’estrema destra. Il capo del governo, che cerca negli estremi Una sorta di patto, dopo che il suo mandato sarebbe scaduto lunedì approvando per decreto il bilancio della Previdenza Sociale, cadrà se il Raggruppamento Nazionale (RN) di Marine Le Pen manterrà la sua promessa di votare la mozione che sarà presentata dal Nuovo Fronte Popolare ( NFP), l’alleanza dei partiti di sinistra. Una situazione che farà precipitare la Francia nell’incertezza assoluta e aprirà diversi scenari possibili, tutti con soluzioni complicate.
La nomina di mercoledì si presenta come la conclusione di un percorso breve, ma pieno di difficoltà, che Barnier ha dovuto percorrere da quando è stato nominato dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, lo scorso settembre. Il suo nome è emerso come la soluzione meno dannosa per la sensibilità della maggioranza di governo, dato che il capo dello Stato ha rifiutato di accettare la candidata proposta dalla sinistra: Lucie Castets. Ma fin dal primo giorno, Barnier ha dovuto fare i conti con la realtà di una composizione parlamentare che non lo favoriva e in cui Marine Le Pen e il suo Raggruppamento Nazionale sarebbero diventati arbitri della contesa.
Il primo ministro è arrivato con l’aura di un abile negoziatore dopo il successo dell’accordo che ha tessuto per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Con il passare dei giorni, Barnier ha scoperto che è difficile negoziare quando c’è un’agenda molto chiara dall’altra parte e, soprattutto, che la negoziazione non è necessaria. Se non vi fosse alcuna soluzione, Barnier potrebbe ora deragliare nella prima parte del suo mandato. “Ciascuno si assuma le proprie responsabilità. “Presumo il mio”, ha lanciato il primo ministro dalla tribuna dell’Assemblea nazionale, guardando verso i banchi dell’opposizione. Barnier ha provato a trasferire la pressione sull’altro lato del campo. Ma la realtà è che, a quasi 24 ore dall’annuncio delle due mozioni di censura, è sempre più vicino a essere il capo di governo più fugace della Quinta Repubblica.
La situazione è estremamente preoccupante e mette in difficoltà la Francia. Il deficit pubblico francese, salito nel 2023 al 5,5% del Pil – cosa che ha portato la Commissione Europea ad aprire un dossier di disavanzo eccessivo – rischia ora di peggiorare al 5,6% quest’anno e addirittura al 6,2% nel 2025 se le misure urgenti previste dal piano il budget non viene preso. Lungi dall’essere applicate – se cade il governo bisognerebbe allargare i conti correnti – le turbolenze politiche hanno finito per contagiare i mercati e il differenziale di tasso tra Francia e Germania (il cosiddetto premio per il rischio, indicatore della solvibilità del Paese) Lunedì si è ampliato nuovamente, raggiungendo quasi gli 86 punti base rispetto agli 81 della chiusura di venerdì.