L’indagine sull’operazione Catalogna al Congresso è bloccata in un altro comando di polizia indicato | Spagna
Nuova sessione della commissione investigativa dell’Operazione Catalogna al Congresso e una nuova giornata senza progressi. E questo nonostante tra i comparsi figurasse il commissario in pensione José Luis Olivera, identificato da altri agenti di polizia come presumibilmente coinvolto in quell’operazione orchestrata dal Ministero degli Interni quando il PP governava per costruire accuse, spesso basate su falsità, contro i leader indipendentisti catalani. Il commissario Olivera – che è stato responsabile dell’Unità per la criminalità economica e fiscale (UDEF) della Polizia nazionale tra il 2006 e il 2012 – ha negato l’esistenza dell’operazione in una dozzina di occasioni e ha definito il parlarne uno “slogan giornalistico”. . Il comando di polizia ha sottolineato che la sua unica partecipazione alle operazioni in questa comunità autonoma è sempre stata legata alle indagini giudiziarie, come le cosiddette Il caso Palauche ha scoperto la raccolta di commissioni illegali per finanziare la defunta Convergenza Democratica della Catalogna (CDC).
Le risposte evasive del commissario Olivera riguardo alla sua partecipazione alla cosiddetta Operazione Catalogna coincidono con quelle fornite lo scorso ottobre da altri due oratori intervenuti al Congresso, anch’essi identificati come presunti partecipanti a questa operazione. Come lui adesso, l’ex segretario di Stato per la Sicurezza, Francisco Martínez, braccio destro dell’ex ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz, e l’ex capo della Polizia, il commissario Eugenio Pino, considerato l’ideatore dell’appello brigata patriotticasi sono poi limitati ad affermare che “non esisteva” un complotto della parapolizia per perseguitare le persone in Catalogna per ragioni ideologiche o politiche.
Quando diversi deputati hanno ricordato al commissario Olivera che in diverse registrazioni effettuate dall’alto comando, José Manuel Villarejo, si sente assicurare di aver partecipato con lui alla preparazione della stessa, il funzionario di polizia ha minimizzato tali commenti, che li ha definiti “commenti da bar” e li ha attribuiti alla “vanità” degli agenti che a volte li porta a prendersi il merito di azioni che non hanno compiuto. Il commissario Olivera – che in precedenza era comparso in altre commissioni parlamentari d’inchiesta sulle attività dei cosiddetti brigata patriotticatra cui il Custodia da cucina per lo spionaggio illegale dell’ex tesoriere del PP Luis Bárcenas, per il quale dovrà finire sul banco degli imputati – ha inizialmente indicato che queste registrazioni potrebbero essere “manipolate” e che, in ogni caso, non è stato “riconosciuto” nel voce che gli attribuirono. Successivamente ha voluto assicurare di non ricordare quegli incontri e, comunque, ha minimizzato ciò che avrebbe potuto dire in essi in ragione del contesto in cui erano avvenuti, che ha definito “pasti rilassati” in cui la gente beveva alcolici e in cui i partecipanti si vantavano: “Uno ha detto: ‘Ho segnato cinque gol’, e io ne ho segnati otto”.
L’alto comando ha attribuito a presunti litigi personali il fatto che un altro agente di polizia comparso davanti a lui, il commissario Marcelino Martín Blas, capo dell’Unità Affari Interni, lo abbia accusato in commissione di aver partecipato all’operazione di parapolizia contro il movimento indipendentista catalano. . Olivera ha collegato il collega al Pp e ha precisato che con quella affermazione l’unica cosa che intende è “irritarlo” come, ha assicurato, aveva già fatto in passato. Interrogato sul cosiddetto Rapporto Pisa – un documento apocrifo pubblicato nel 2016 in cui Podemos fu accusato di finanziamenti falsi e irregolari meno di un mese dopo che il partito aveva ottenuto 69 deputati – il commissario Olivera ha dichiarato di non essere intervenuto nella sua preparazione. “Non l’ho letto né partecipato e credo che sia stato realizzato dopo che ho lasciato l’UDEF”, si è difeso.
Un altro membro dell’UDEF
Davanti al commissario Olivera era comparso un altro ex membro dell’UDEF. Nella fattispecie, un ispettore della Polizia Nazionale inviato ad Andorra per raccogliere la documentazione sui titolari di conti presso la Banca di Madrid, ente dipendente dalla Banda Privata di Andorra (BPA) dove aveva conti la famiglia di Jordi Pujol, ex presidente della la Generalitat. L’agente, che si è sempre identificato con il suo numero professionale per ragioni di sicurezza, ha assicurato che il suo lavoro in quel caso era stato esclusivamente quello di raccogliere le informazioni in un sacchetto rosso chiuso nei tribunali del Principato e trasferirle alla Procura Anticorruzione. ufficio di Madrid e di non aver chiesto informazioni su altri leader indipendentisti. La sua convocazione era avvenuta dopo che molti dei presenti lo avevano indicato come firmatario di diversi rapporti legati all’operazione Catalogna. Ne ha negato la paternità e ha espresso sorpresa di essere collegato ad essi.
Il poliziotto ha ammesso che nell’ottobre del 2014 i suoi superiori lo avevano incaricato di indagare sulla presunta esistenza di un conto all’estero appartenente all’ex sindaco di Barcellona, Xavier Trías, di CiU – uno degli episodi attribuiti all’operazione Catalogna – dopo una nota arrivò dalla Vice Direzione Operativa (DAO, allora diretta dal commissario Pino) per farlo. L’agente ha assicurato di essere rimasto sorpreso dal fatto che l’informazione contenuta in quella nota sia stata pubblicata su un giornale quasi contemporaneamente all’incarico a lui affidato di avviare le indagini. Giorni dopo è stato confermato che l’account non era mai esistito e la Procura anticorruzione ha archiviato l’indagine avviata dopo che la polizia aveva presentato una relazione al riguardo.