La Procura chiede alla Corte Costituzionale di indagare sulle denunce di torture subite durante il regime franchista | Spagna
La Procura ha presentato ricorso di tutela davanti alla Corte Costituzionale contro il “fascicolo piatto” di una denuncia per tortura subita da due fratelli durante il regime franchista, dopo il loro arresto da parte della brigata politico-sociale della Polizia negli anni ’70 La decisione impugnata è stata adottata dal Tribunale di Barcellona lo scorso settembre, tenendo conto proprio della dottrina costituzionale finora adottata, poiché l’organismo di garanzia ha avviato diverse cause a partire dal 2021. di questa natura – quando sono pervenuti a questa istanza sotto forma di ricorsi di protezione – perché ritiene che la legge di amnistia del 1977 impedisca di sottoporre questi episodi ad indagine giudiziaria. La Procura ritiene tuttavia che la mancata indagine su questo tipo di eventi rappresenti una violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva “nel suo aspetto di accesso alla giurisdizione”. E chiede che la Legge sulla Memoria venga applicata per garantire “il diritto alla giustizia” delle vittime, anche se in definitiva ciò non si traduce in “persecuzione penale” dei colpevoli.
L’impugnazione del citato fascicolo – predisposto dalla Procura dedicata alle questioni costituzionali in coordinamento con l’Unità per i diritti dell’uomo e la memoria democratica della Procura generale dello Stato – si basa “sul nuovo scenario normativo che l’entrata in vigore della legge sulla memoria democratica ”, approvata nel 2022. I pubblici ministeri sottolineano che questa legge stabilisce espressamente “il diritto alla giustizia delle vittime del colpo di stato, della guerra e della dittatura, nonché l’obbligo di indagare sulle violazioni dei diritti umani perpetrate in quel periodo”.
La presentazione di questa risorsa è stata accolta come un evento molto positivo dalla Segreteria di Stato per la Memoria Democratica. Il suo proprietario, Fernando Martínez, ha dichiarato a EL PAÍS che la decisione della Procura rappresenta “un passo molto importante verso l’applicazione del diritto di indagare sulle violazioni dei diritti umani durante la guerra e la dittatura”.
La Procura, dal canto suo, sottolinea che la Corte costituzionale “non si è ancora pronunciata sulla portata e sul significato del diritto all’indagine” stabilito dall’articolo 29.1 della Legge sulla memoria democratica. Il ricorso di tutela sostiene che, in questa situazione, il riconoscimento e l’applicazione di tale diritto «trascende la fattispecie concreta perché solleva una questione giuridica di rilevante e generale ripercussione sociale».
La richiesta di protezione precisa inoltre che in precedenti atti la Procura aveva già mantenuto il criterio secondo cui, in applicazione della nuova legge, è necessario svolgere “un’indagine giudiziaria efficace il cui scopo ultimo non deve essere il perseguimento penale”. La funzione essenziale del ricorso, aggiunge l’impugnazione presentata, è quella di “garantire alle vittime i loro diritti alla verità, alla giustizia e alla riparazione, indipendentemente dall’esito finale del processo”.
I pubblici ministeri sostengono, in breve, che il loro ricorso offre un’interpretazione della norma “con un approccio basato sui diritti umani e che integra i principi fondamentali del diritto internazionale dei diritti umani e dei trattati e convenzioni in materia”, secondo quanto richiesto dall’articolo 10.2. della Costituzione. Tale precetto stabilisce che le norme relative ai diritti e alle libertà fondamentali “saranno interpretate in conformità con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e con i trattati e gli accordi internazionali ratificati dalla Spagna sulla stessa materia”.
Con una sentenza del 2021, la Corte Costituzionale – allora con una maggioranza conservatrice, a differenza di oggi – ha praticamente chiuso la porta all’indagine penale sui crimini del regime franchista, attraverso un’ordinanza in cui non ammetteva l’esame di un ricorso di protezione presentato dall’ex segretario generale del PCE Gerardo Iglesias per gli arresti e le torture subite tra il 1964 e il 1974. Tre magistrati hanno formulato un voto contrario a questo rigetto della proposta Indagine sui crimini del regime franchista. Gerardo Iglesias ha quindi presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) sulla base di queste opinioni dissenzienti, una questione ancora in attesa di pronuncia.
Due di questi magistrati – María Luisa Balaguer e Juan Antonio Xiol – hanno ritenuto che la Corte Costituzionale dovesse entrare nel merito della questione per discutere, tra gli altri aspetti, in che misura la legge di amnistia del 1977 e la prescrizione dei reati rappresentino una barriera insormontabile per indagare su questi casi. L’allora vicepresidente del tribunale, Encarnación Roca, sosteneva, a sua volta, nella sua opinione dissenziente, che il ricorso avrebbe dovuto essere accolto “a prescindere dall’esito”, dopo aver verificato la rilevanza del dibattito.
La risoluzione della Corte Costituzionale ha evidenziato, però, la circostanza che Iglesias si è proposto di indagare su “fatti accaduti più di 40 anni fa”, quando “il termine massimo di prescrizione espressamente determinato al momento della loro commissione” è già scaduto. Ritiene inoltre che debbano essere rispettati i principi costituzionali fondamentali, quali la legalità e la irretroattività dei provvedimenti sanzionatori sfavorevoli ai presunti responsabili.