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La modifica del Marco Civil da parte della STF potrebbe influenzare le elezioni



Si prevede che il prossimo anno la Corte Suprema Federale (STF) riprenda la sua sentenza sull’articolo 19 della normativa sui diritti civili in Internet, che attualmente protegge le piattaforme digitali garantendo che vengano punite solo per i contenuti illegali pubblicati dagli utenti se non rispettano le norme un’ordinanza del tribunale per rimuoverli.

L’eventuale ribaltamento dell’articolo 19 trasferirebbe ai social network la responsabilità di rimuovere i contenuti considerati illegali, anche prima di qualsiasi decisione del tribunale. Ciò costringerebbe le piattaforme ad adottare misure di moderazione più rigorose per evitare sanzioni severe, creando uno scenario in cui i contenuti potrebbero essere censurati preventivamente, anche se considerati solo lontanamente offensivi agli occhi della magistratura.

Dias Toffoli e Luiz Fux hanno già votato a favore di questo scenario, mentre Luís Roberto Barroso è parzialmente in disaccordo. Il cambiamento della legge potrebbe far sì che la censura ideologica osservata nelle elezioni del 2020 e del 2022 avvenga in modo nascosto, attraverso un’azione istantanea – e, in alcuni casi, automatizzata – da parte delle piattaforme stesse, senza che la Corte Elettorale Superiore (TSE) abbia bisogno di agire.

A giudicare dal tipo di contenuti che la magistratura ha censurato maggiormente nelle ultime elezioni, è prevedibile che le piattaforme adotteranno particolare cautela nei confronti dei contenuti di opinion maker contrari alle visioni egemoniche dell’élite del potere statale in Brasile, il che potrebbe creare un pregiudizio nascosto il processo di campagna elettorale contro la destra.

I messaggi che, ad esempio, mettono in discussione le istituzioni statali e i loro membri – in particolare criticando i ministri della STF –, che sollevano qualsiasi tipo di dubbio sulla legittimità del processo elettorale o che mettono in discussione le versioni ufficiali dei fatti tenderanno ad essere rimossi precauzionalmente dall’Autorità piattaforme stesse, istantaneamente, anche prima che la magistratura debba agire per rimuoverle.

Le piattaforme stesse hanno allertato la magistratura brasiliana in merito. In una recente nota sul processo, Meta (proprietario di Facebook, Instagram e WhatsApp) ha affermato che le reti “sarebbero incoraggiate a rimuovere contenuti soggettivi che non violano necessariamente le leggi locali o le regole della piattaforma, in uno sforzo preventivo per evitare responsabilità”.

Nei voti del processo in corso alla STF, nemmeno la vittoria del parziale dissenso di Barroso creerebbe uno scenario meno sfavorevole per la destra.

Il ministro vuole sostenere la necessità di una decisione giudiziaria in caso di delitti contro l’onore, ma ha votato a favore della richiesta di rimozione diretta da parte delle piattaforme stesse dei post che violano lo Stato di diritto democratico. Poiché l’interpretazione di ciò che rientra in questa categoria è stata resa più flessibile dalla stessa magistratura, le prospettive per il diritto non sono buone, nemmeno se prevale la posizione del presidente della Corte.

Come ha spiegato in un recente post il giurista André Marsiglia, specialista in libertà di espressione, anche con lo scenario del voto di Barroso, “in pratica tutti i casi che sono attualmente nelle indagini riservate della STF sarebbero nelle mani delle piattaforme, e avrebbero l’obbligo attivo di ritirarli, senza decisione del tribunale, senza notifica”.

La STF sta imbavagliando le reti e usurpando i poteri del Parlamento, dicono i giuristi

Per Alessandro Chiarottino, dottorando in Diritto costituzionale all’Usp, “cambiare le norme Marco Civili costituirebbe” una gravissima museruola ai social network.

“Il Marco Civile da Internet nasce proprio con l’obiettivo di conciliare la libertà di espressione con la tutela delle persone dalla violazione dei diritti. Ora, se si toglie l’articolo 19, ci sarà davvero una presunzione di collusione tra le reti e chi ha postato notizie questo potrebbe essere dannoso per terzi, lo vedo molto male”, commenta.

Adriano Soares da Costa, ex giudice e specialista in diritto elettorale, afferma che la Corte Suprema “si sta muovendo verso l’ammissione della censura, imponendo alle piattaforme il potere di censurare il dibattito pubblico mediato dal timore di elevate sanzioni finanziarie”. Ciò avrebbe ripercussioni, secondo lui, “in tutti gli ambiti della vita, comprese le questioni elettorali”.

“Le discussioni sono confuse, con pareri tecnici, molti dei quali privi di significato, e alcune costruzioni giuridiche che semplicemente non hanno paralleli nel nostro ordinamento”, afferma.

Un punto atipico di questa sentenza, ricorda, è che la Corte Suprema va oltre la sua funzione di dichiarare l’incostituzionalità totale o imparziale di un dispositivo e agisce come se avesse il ruolo di legiferare, come è stato chiaro nella decisione dei ministri propri voti.

“Stiamo assistendo a discussioni che sembrano portare ad un chiaro intervento legislativo da parte della Corte Suprema, che va ben oltre i limiti del controllo astratto di costituzionalità”, afferma.

Per Soares da Costa i ministri “usurpano il luogo appropriato per questo dibattito: il parlamento.” “Non per mancanza di regole, poiché il quadro civile di Internet è la regola in vigore e il Congresso, a maggioranza, ha recentemente respinto il dibattito sulla sua riforma. Quindi non vi è alcuna omissione da parte del Parlamento”, ricorda.



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