La difficile adozione di rimedi evidenti – 18/01/2025 – Candido Bracher
“Per quanto tempo ancora verranno negati i rimedi ovvi?!”
Mi sono identificato con l’indignazione contenuta nella frase pensando alle ripetute frustrazioni nella lotta contro il riscaldamento globaleevidenziato nel superare la barriera degli 1,5°C nel 2024nella persistenza delle emissioni di gas serra (GHG), nelle manovre diversive praticate dai paesi produttori di petrolio nelle conferenze sul clima (COP), nel mantenimento dei sussidi per l’estrazione e il consumo di petrolio e gas e, soprattutto, nella resistenza all’adozione di quello che, a mio avviso, è il “rimedio ovvio” alla questione climatica: la fissazione di un prezzo globale per le emissioni di gas serra, che, per semplicità, chiamiamo “carbonio”.
Ma non si trattava di questo. La frase di cui sopra è stata pronunciata da Churchill al Parlamento inglese il 25 maggio 1938, più di un anno prima dell’invasione tedesca della Polonia e quasi cinque anni dopo il primo dei suoi ripetuti avvertimenti sull’escalation del riarmo e sull’indole guerrafondaia della Germania.
La storia è ben nota. Ciò che mi ha sorpreso è stata la capacità dei quattro capitoli del documentario “Churchill at War” (Netflix) di catturare la nostra attenzione, raccontandoci una storia che già conosciamo.
L’arte della narrazione, credo, sta nel tracciare il profilo umano di un uomo che pensava di essere – e talvolta sembrava – sovrumano, e nel collocarlo nelle sue circostanze specifiche.
Ci viene presentato un personaggio la cui impavidità rasenta la follia. C’è un episodio (raccontato nel suo libro “Minha Mocidade”) in cui, in un gioco adolescenziale, si ritrova messo alle strette da un fratello e un cugino, su un dirupo sopra una gola. Invece di arrendersi, si gettò su un pino la cui cima era all’altezza del ponte e, non riuscendo a tenersi all’albero, cadde da una grande altezza e rimase privo di sensi per tre giorni.
Attraverso la serie apprendiamo che, da adulto, questo giovane, divenuto un importante politico, decide di tornare nell’esercito come combattente, dopo aver subito una clamorosa sconfitta durante la prima guerra mondiale, come comandante in capo della Marina britannica. ; I suoi compagni d’armi sono impressionati dal coraggio di questo maggiore che partecipa a 37 incursioni nel pericoloso spazio tra le trincee conosciuto come “terra di nessuno”. Ancora più impressionante fu la spiegazione che diede, in queste situazioni, di non mettersi mai al riparo sotto il fuoco nemico: “Quando senti lo schiocco del colpo che ti passa accanto, è già partito, quindi è inutile gettarsi a terra. “
Seguiamo Churchill attraverso le diverse fasi della Seconda Guerra Mondiale: il leader ispiratore in un momento in cui gli inglesi si ritrovarono bombardati e soli nella guerra contro la Germania; l’audace guerriero, che non smise mai di lanciare attacchi aerei su Berlino, anche se era chiaramente militarmente inferiore; il seducente politico e diplomatico, che cerca di ottenere equipaggiamento militare e attirare gli Stati Uniti di Roosevelt in guerra; il capo dello Stato che cerca di preservare la sua posizione negoziale, anche di fronte ad alleati più forti come gli USA e l’URSS di Stalin e, infine, il politico vittorioso militarmente, ma sconfitto nel suo tentativo di essere rieletto primo ministro, poco dopo la fine della guerra.
Alla fine del quarto episodio, quando Churchill riconquista la carica di primo ministro, nel 1951, all’età di 76 anni, è impossibile non provare – oltre alla naturale ammirazione – affetto e perfino gratitudine per questo personaggio eroico e allo stesso tempo così umano. figura.
Credo che il fascino esercitato dalla storia dell’ Seconda Guerra Mondiale è dovuto non solo alla chiara situazione manichea di contrapposizione del bene contro il male e alla proiezione di leader ancora oggi ammirati – come Churchill, Roosevelt e DeGaulle – ma anche e soprattutto al fatto che si tratta di un chiaro esempio storico della capacità per articolare la maggior parte del mondo industrializzato, di fronte ad una grave minaccia.
Prima di entusiasmarci per questo incoraggiante precedente, ora che l’umanità affronta la sfida del riscaldamento globale, vale la pena ricordare il ruolo decisivo che il caso ha giocato affinché la Seconda Guerra Mondiale ottenesse questo esito favorevole.
Il primo colpo di fortuna arrivò tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 1940, quando il mare calmo e il cielo coperto sul Canale della Manica consentirono l’evacuazione di oltre 330.000 soldati britannici che erano rimasti intrappolati a Dunkerque, tra l’esercito tedesco e il mare. Se non fosse stato per le condizioni meteorologiche che avevano impedito l’azione dell’aeronautica tedesca, i soldati britannici sarebbero stati catturati e “i combattimenti sarebbero cessati per mancanza di caccia”.
Il secondo fattore importante non dipendeva dalla fortuna, ma dall’incompetenza del nemico. Nel giugno del 1941, quando godeva di un’enorme superiorità sul continente e poteva addirittura aspettare un momento più opportuno per attaccare mortalmente il InghilterraHitler decide di aprire un secondo fronte di guerra, annullando il patto firmato con l’URSS.
Questo fatto isolato diede impulso al riarmo inglese attraverso le trattative con gli USA e, successivamente, dopo la battaglia di Stalingrado, fu decisivo per la sconfitta tedesca. Infine, l’errore capitale dei paesi dell’asse fu l’attacco giapponese a Pearl Harbor nel dicembre 1941, che attirò nella guerra gli Stati Uniti, che fino ad allora erano stati molto riluttanti a partecipare.
Quando si traccia un parallelo tra la Seconda Guerra Mondiale e la lotta al riscaldamento globale, è prudente ricordare che in questo caso non possiamo contare sulla fortuna. Anche il cambiamento climatico non commetterà erroriil cui comportamento è prevedibile dalla scienza. Per vincere la sfida dell’azzeramento delle emissioni di carbonio in un orizzonte temporale ragionevole sarà necessaria una grande capacità di articolazione globale abbinata alle nuove tecnologie.
Il mondo di oggi è molto lontano dal raggiungere questa comprensione indispensabile. C’è una chiara convinzione tra i governi, i politici e gli imprenditori che trascurano questa esigenza che solo la tecnologia, come un Deus ex-machina, potrà salvarci dall’ecatombe. Mantenendo il parallelo con la seconda guerra mondiale, questo comportamento equivale alla scelta di abbandonare la resistenza a Hitler, puntando tutte le carte sull’invenzione della bomba atomica.
Sono felice che i nostri predecessori siano stati responsabili della loro decisione e sono pienamente consapevole che lo stesso dovere spetta a noi nei confronti dei nostri discendenti.
Da qui il sentimento di indignazione. Per quanto tempo verranno negati i rimedi ovvi?!