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La Corte Costituzionale respinge il ricorso di Quim Torra contro la decisione del Consiglio elettorale che lo ha dichiarato ineleggibile | Spagna



La Corte Costituzionale ha respinto all’unanimità il ricorso di protezione presentato dall’ex presidente della Generalitat Quim Torra, la cui lista di deputato al Parlamento è stata ritirata dal Consiglio Elettorale Centrale (JEC). La JEC ha considerato la sua ineleggibilità a causa della condanna per disobbedienza. Torra si è rivolto all’organismo di garanzia ritenendo che tale sentenza violasse i suoi diritti alla partecipazione politica e all’accesso alle cariche pubbliche.

Torra è stato condannato nel dicembre 2019 per il reato di disobbedienza a un anno e mezzo di squalifica per essersi rifiutato di obbedire all’ordine del collegio elettorale di rimuovere gli striscioni sopra i prigionieri indipendentisti e i nastri gialli posti in segno di solidarietà con loro in vari edifici pubblici della Catalogna, durante il periodo elettorale. La sentenza, poi ratificata dalla Corte Suprema, ha interdetto il ricorrente ad assumere incarichi pubblici sia a livello locale che regionale, statale ed europeo.

L’ex presidente della Generalitat, a sua volta, ha messo in dubbio nel suo ricorso la competenza del Consiglio Elettorale ad adottare la decisione di applicare l’articolo 6.2.b) della Legge Organica sul Regime Elettorale Generale (LOREG) e dichiararlo ineleggibile. Allo stesso modo, nel suo ricorso ha ritenuto che la decisione della JEC di dichiararlo ineleggibile, nonostante la condanna per aver commesso un delitto di disobbedienza non fosse definitiva, aveva leso nel suo caso, tra gli altri, i diritti politici che il L’articolo 23 della Costituzione lo riconosce per tutti i cittadini. Detto articolo della LOREG prevede casi di ineleggibilità, tra cui il fatto di essere stati inqualificabili nel procedimento penale.

La Corte Costituzionale argomenta nella sua risoluzione che il Consiglio Elettorale Centrale era l’organo competente ad adottare la decisione contestata. La sentenza (di cui è stata portavoce la giudice Concepción Espejel) ricorda che l’amministrazione elettorale è una “amministrazione di garanzia” del processo elettorale e che il suo scopo è “garantire la trasparenza e l’obiettività del processo elettorale e il principio di uguaglianza”. Per questo motivo, il Consiglio elettorale centrale “è costituito come la massima autorità competente per l’interpretazione e l’applicazione della normativa elettorale”, essendo – aggiunge la sentenza – un organo indipendente, separato dall’Esecutivo ed estraneo a qualsiasi controllo sui poteri pubblici.

La sentenza indica che nel procedimento seguito dal Consiglio Elettorale Centrale e nel suo successivo ricorso dinanzi alla Corte Suprema, tutte le garanzie procedurali del ricorrente sono state rispettate, senza che questi abbia sofferto di impotenza o di indebolimento delle sue possibilità di difesa. È inoltre esclusa qualsiasi lesione della presunzione di innocenza dedotta nel ricorso, poiché l’applicazione dell’articolo 6.2.b) della LOREG non ha “contenuto penale”. Il tribunale ritiene che la decisione assunta sia stata “la mera applicazione di una causa di ineleggibilità in conseguenza di una condanna penale”, allora non ancora definitiva, per un reato di disobbedienza.

La Corte sottolinea che non si può dimenticare che “i beni, i valori o le finalità costituzionali a cui detta disposizione è destinata, in questo caso, rientrano nel migliore funzionamento delle istituzioni rappresentative”. Comprende tra questi valori e finalità anche “la necessità di garantire l’esemplarità sociale dei rappresentanti dei cittadini che devono essere degni di fiducia per partecipare alle più importanti manifestazioni della volontà popolare e all’esercizio del controllo politico”.

La sentenza – emessa dalla Prima Sezione della Corte Costituzionale – respinge anche tutte le censure del ricorrente relative alla presunta violazione del principio di legalità penale, del diritto di secondo grado o del principio ne bis in idem, cioè, non subire due condanne per lo stesso atto. La Corte nega queste violazioni dei diritti sostenendo che il Consiglio elettorale non ha fatto altro che adempiere ai propri poteri applicando al caso “una conseguenza giuridica per una precedente condanna del ricorrente”.



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