È iniziato mercoledì in un tribunale di Pristina il processo a 45 persone accusate di essere coinvolte nelle sparatorie dello scorso anno, seguite all’infiltrazione di serbi armati e dotati di attrezzature pesanti nel nord del Kosovo.
Alla fine dello scorso settembre, circa 30 uomini armati si sono infiltrati nel nord del Kosovo, sparando a un poliziotto e barricandosi per diverse ore in un monastero ortodosso nel villaggio di Banjska. Tre degli assalitori sono morti in una sparatoria con la polizia. Il Kosovo accusa la Serbia di essere coinvolta, ma Belgrado nega.
Secondo l’AP, il processo presso il tribunale distrettuale di Pristina è accompagnato da strette misure di sicurezza. Solo tre serbi erano presenti per la difesa, gli altri sono ancora in fuga.
Tutti e tre si sono dichiarati non colpevoli. Sono accusati di violazione dell’ordine costituzionale e legale, attività terroristiche, finanziamento del terrorismo e riciclaggio di denaro. In caso di condanna, rischiano una pena massima dell’ergastolo.
Tra le persone accusate in contumacia in Kosovo c’è Milan Radoicic, da tempo vicepresidente del Partito Serbo dei Candidati (Srpska Lista) e ricco uomo d’affari legato al Partito Progressista Serbo (SNS) al potere e al Presidente Aleksandar Vucic.
Dopo la sparatoria in Kosovo, le autorità serbe hanno arrestato brevemente Radoicic, che era fuggito in Serbia, con il sospetto di associazione criminale, possesso illegale di armi ed esplosivi e gravi reati contro la sicurezza pubblica.
Egli stesso ha negato, ma in seguito ha ammesso di aver guidato un gruppo di uomini armati che hanno attaccato la polizia del Kosovo. La Serbia sostiene che questo gruppo ha agito da solo.
Il politico serbo è sottoposto a sanzioni statunitensi e britanniche per le sue presunte attività finanziarie criminali e i funzionari europei e statunitensi hanno chiesto alla Serbia di punire i colpevoli. Il Kosovo ha persino chiesto alla Serbia di estradare gli uomini armati.
Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, ma Belgrado si rifiuta di riconoscerlo e lo considera ancora una provincia. Più di 10.000 persone, per lo più di etnia albanese, sono state uccise nella guerra tra le forze governative serbe e i separatisti albanesi in Kosovo. La guerra si è conclusa solo con un bombardamento di 78 giorni da parte delle forze NATO, che ha costretto le truppe serbe a ritirarsi dal Kosovo.