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Il supremo conferma 720 euro di una multa a un tweeter che ha insultato Felipe VI e ha scritto: “Leggiamo il collo” | Spagna



La Corte Suprema ha confermato l’ammenda di 720 euro, per lievi insulti alla Corona, che ha imposto la corte nazionale a un uomo che ha pubblicato un tweet in catalano con il seguente messaggio su Felipe VI: “Tagliamo il collo a questo figlio di una cagna, stiamo prendendo”. La pubblicazione ebbe luogo il 18 marzo 2020, in coincidenza con il messaggio del re sulla pandemia di Covid-19,

La camera criminale rifiuta che l’imputato era corazzato per la libertà di espressione, poiché non erano coperti dalla dottrina della Corte europea dei diritti umani sull’espressione di un legittimo dissenso politico. In questo senso, ricorda la giurisprudenza della camera, sulla base di una frase del 2022, che considerava l’espressione “figlia di una cagna” nel contesto di messaggi indirizzati all’allora presidente della Junta de Andalucía, Susana Díaz.

“È più che ovvio che Albert B., quando ha chiamato” figlio di Puta “al re di Spagna e si è lamentato per la perdita di tempo senza tagliarsi il collo alla testa dello stato, è andato ben oltre il legittimo contributo personale a un dibattito politico sulla monarchia come forma di stato”, sottolineano i giudici. I magistrati ricordano che è “legittimo” dissenso dalle strutture dello stato e farlo “con azioni non condivise da tutti i concittadini, con parole spesse o con messaggi sbottonati”. “Ma l’insulto che nulla contribuisce, che denigra solo il suo destinatario, manca di copertura costituzionale”, afferma la sentenza, di cui ha trascorso l’ex presidente della Camera criminale, Manuel Marchena.

La Corte Suprema avverte che non può essere considerata “necessaria” per una società democratica “proteggere il contributo unico di Albert B al pluralismo politico” quando ha chiamato “figlio di cagna” al re e si è lamentato che qualcuno non si era ancora tagliato il collo. “Un dibattito politico in cui l’argomento tra gli interlocutori ruoterà esclusivamente attorno alla condizione di” figlio di una puttana “del rivale e il lamento per il tempo perduto senza tagliare il collo sull’avversario sarebbe irregolare la coesistenza”.

Il tribunale respinge il ricorso dell’uomo, che, tra le altre argomenti, ha considerato la condanna imposta dal tribunale nazionale di quattro mesi con una commissione giornaliera di sei euro sproporzionati. Stima anche che l’udienza fosse ragionevole quando apprezzava che vi fosse “un evidente disprezzo per il re e l’istituzione che incarna”, e che molto superava ciò che può essere considerato “critiche dannose, fastidiose o disordinate”.



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Luca

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