Il Procuratore dello Stato difende l’utilità dell’amnistia per “la normalizzazione politica” della Catalogna | Spagna
La Procura dello Stato ritiene che la legge di amnistia miri a “risolvere quello che lo stesso legislatore considera un conflitto politico sollevato dal processo secessionista” e in questo senso concorda con l’obiettivo di raggiungere “la normalizzazione politica e sociale in Catalogna”. Lo si legge nella relazione che l’Avvocatura ha inviato alla Corte Costituzionale per opporsi al ricorso del PP contro la suddetta legge. I servizi giuridici dello Stato sostengono che «non può essere negata la potestà legislativa all’iniziativa e all’approvazione di una legge organica diretta ad amnistiare alcuni atti meritevoli di responsabilità penale, amministrativa o contabile, aventi scopo definito e non arbitrario, come ad esempio promuovere il ritorno ad un contesto sociale, politico e istituzionale che promuova la stabilità economica e il progresso culturale e sociale sia in Catalogna che in tutta la Spagna, servendo allo stesso tempo come base per il superamento di un conflitto politico”.
Le accuse dell’Avvocato contro il ricorso del PP sottolineano che un ipotetico divieto dell’amnistia “andrebbe contro il carattere universale del potere legislativo delle Cortes, che rappresenta il popolo spagnolo”. Il testo sottolinea in questo senso che nessun precetto costituzionale vieta qualsiasi forma di amnistia e aggiunge che l’organismo di garanzia sostiene da tempo che il legislatore è «un potere potenzialmente illimitato (all’interno della Costituzione)». Si sottolinea inoltre che “questo potere legislativo si configura nel sistema come uno strumento adeguato per affrontare circostanze politiche eccezionali che, nell’ambito di uno Stato di diritto, perseguono il raggiungimento di un interesse generale”, come il miglioramento della convivenza e della coesione sociale come integrazione di diverse sensibilità politiche.
Il rapporto sottolinea che in relazione all’amnistia non vige il principio secondo cui è vietato ciò che non è espressamente consentito. Al contrario – aggiungono le accuse – “il legislatore democratico dispone di un ampio margine di configurazione per dare attuazione alle legittime opzioni politiche della maggioranza parlamentare”. La Avvocatura fa riferimento alla dottrina della Corte costituzionale, la quale in diverse pronunce ha sostenuto che “il legislatore non esegue la Costituzione, ma crea il diritto con libertà nel quadro che esso offre” sicché “questa Corte non ha agire come il legislatore stesso, limitandone la libertà di disposizione laddove la Costituzione non lo fa inequivocabilmente”.
In un altro punto lo Studio legale nega che la legge sull’amnistia implichi una violazione del principio di separazione dei poteri. Il rapporto afferma categoricamente che la norma approvata dalle Cortes “è rispettosa del principio della separazione dei poteri e non invade i poteri della Magistratura”. Nel documento si spiega che la legge sull’amnistia “non è autoapplicativa”, ma riconosce piuttosto la funzione giurisdizionale “alla quale è attribuita la sua interpretazione e applicazione”. Riconosce inoltre l’applicazione del sistema dei ricorsi giurisdizionali successivi che verificano caso per caso la legittimità della decisione. E prevede che gli organi giudiziari che dubitano della costituzionalità della norma o della sua compatibilità con il diritto dell’Unione europea possano sollevare, come hanno fatto in alcuni casi, le opportune questioni pregiudiziali o consultare la Corte di giustizia dell’Unione europea” (CGUE).
Il rapporto nega inoltre che la legge sull’amnistia rappresenti una violazione del diritto all’uguaglianza. In questo senso, sottolinea che “la sua applicazione è materialmente e temporalmente limitata” e che la giurisprudenza della Corte costituzionale “ammette senza dubbio la facoltà del legislatore di dettare leggi singolari”, su presupposti specifici, fermo restando che “il principio dell’uguaglianza esige che la legge singolare risponda ad una situazione eccezionale altrettanto singolare”. Gli Avvocati insistono su questo punto che la legge sull’amnistia è motivata “dalle circostanze specifiche legate al processo secessionista, rispetto alle quali il potere legislativo ha optato per il perdono e lo ha fatto in modo motivato per superare il conflitto sociale e politico. “generato dal processo secessionista”. La norma, quindi, “non fa un elenco degli specifici beneficiari, ma stabilisce piuttosto una serie di criteri che saranno valutati e ponderati per la sua applicazione – o non applicazione – a ogni specifico caso da parte degli organi giudiziari”.
La legge sull’amnistia – sostiene anche il rapporto – è proporzionata alle finalità che persegue. Tale proporzionalità —aggiunge— «deriva dalla precisazione dell’elenco dei reati che costituiscono l’amnistia e dal suo necessario collegamento con gli atti compiuti in un arco di tempo delimitato negli articoli». Le affermazioni dell’Avvocato sottolineano che esiste, insomma, una “giustificazione oggettiva e ragionevole del provvedimento adottato, condivisibile o meno politicamente, ma che coincide con uno degli obiettivi legittimi delle sanatorie (…), che è la conciliazione sociale e politico”.