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Il giudice Pedraz rifiuta di fornire all’Interpol le prove del rapimento e della tortura contro il figlio di Obiang | Spagna


Il giudice Santiago Pedraz entra nella sede del Tribunale nazionale, lo scorso febbraio.
Il giudice Santiago Pedraz entra nella sede del Tribunale nazionale, lo scorso febbraio.Juan Carlos Hidalgo (EFE)

Santiago Pedraz, il giudice del Tribunale nazionale che indaga su uno dei figli del presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema per il rapimento e la tortura di quattro oppositori, ha rifiutato di trasmettere all’Interpol le prove ottenute durante i tre anni di indagine giudiziaria, prove che questa organizzazione afferma di processare i mandati di arresto internazionali (OID) emessi dal suo tribunale per crimini di terrorismo.

L’Interpol, organizzazione che riunisce 196 paesi, ha inviato al magistrato una richiesta di maggiori informazioni, alla quale ha avuto accesso EL PAÍS, chiedendogli di ampliare le informazioni su questo caso prima del 30 novembre “per evitare che la sua scheda venga cancellata”. L’agenzia di polizia ha proposto al magistrato di chiedere una moratoria sul termine per l’invio delle informazioni, ma la risposta del giudice, il 6 novembre, il giorno dopo aver ricevuto la richiesta, è stata una sentenza sommaria e priva di dati.

“Il ruolo giudicato da Carmelo Ovono Obiang [hijo del dictador y director de Seguridad Exterior]Nicolás Obama Nchama, Ministro degli Interni, e Isaac Nguema Ondo, Direttore Generale della Sicurezza della Presidenza, è quanto riportato nella corrispondente OID emessa”, si legge nella loro risposta. Cioè non ha chiesto una proroga del termine offertogli, né ha ampliato le informazioni richieste, anche a rischio che i tre ordini, ora temporaneamente sospesi, non vengano emessi.

Numerosi test

Del caso esistono numerose prove e verbali di polizia che coinvolgono direttamente i tre indagati, comprese le testimonianze di persone rapite e torturate in un carcere della Guinea Equatoriale. Uno di loro, il guineano spagnolo Julio Obama, è morto in circostanze non ancora chiarite. Vivevano tutti a Madrid e viaggiavano ingannati nel 2019 fino a Juba (capitale del Sud Sudan) dove, dopo essere stati arrestati, furono portati sull’aereo presidenziale di Teodoro Obiang verso l’ex colonia spagnola.

La nota dell’Interpol indica che gli OID sono stati trattati il ​​28 febbraio, ma che due giorni dopo il Segretariato Generale di quell’organizzazione ha ricevuto una richiesta di informazioni aggiuntive per verificare la conformità con lo Statuto di questa organizzazione. Le regole dell’Interpol, con sede a Lione (Francia), stabiliscono questo tipo di controlli per evitare casi di persecuzione politica.

L’organizzazione di polizia sottolinea di aver verificato che gli ordini colpiscono “tre persone che ricoprono incarichi ufficiali di alto rango nell’attuale governo della Guinea Equatoriale” e chiede maggiori informazioni sul loro rapporto con gli eventi investigati. “Potreste fornirci ulteriori informazioni sul ruolo giudicato individualmente da ciascun soggetto nella presunta commissione dei fatti e includere dettagli sulle specifiche attività di cui sono accusati?” Le ordinanze emesse dalla Corte indicano i tre indagati per i reati di sequestro di persona a scopo terroristico, detenzioni illegali, tortura e contro l’integrità morale, sparizione forzata di persone e contro l’umanità.

La lettera dell’Interpol fa riferimento alla scadenza del 30 novembre, in attesa di una risposta con la proroga richiesta, e aggiunge che “nel frattempo la richiesta (emessa dal tribunale) non sarà vista nel sistema e l’informazione non sarà resa a disposizione dei paesi membri”. Chiede inoltre al giudice dove si trovino le tre persone non indagate, al che Pedraz risponde che non è noto.

Ribellione

La rappresentanza dei parenti delle vittime ha presentato ricorso contro la decisione del magistrato di riformare e assicura che l’atteggiamento del gip porterà all’archiviazione dei mandati di arresto richiesti dalla Camera penale, nonché all’interrogatorio della Spagna davanti all’Interpol per mancanza di collaborazione. I denuncianti sostengono che le informazioni trasferite all’Interpol nell’OID sono “molto scarse e limitate al punto che le prove esistenti nel caso contro gli indagati non vengono evidenziate, nemmeno il fatto che essi non si sono presentati volontariamente per testimoniare quando gli indagati “Ha fornito loro una videoconferenza nelle loro case”. Da allora sono ribelli e fuggitivi dalla giustizia spagnola. Pedraz ha respinto il ricorso con un’ordinanza nella quale sottolinea che “non sono richieste prove né una storia così estesa come sostiene il ricorrente”.

Il giudice ha rifiutato in tre occasioni di emettere all’Interpol il mandato di perquisizione e di arresto richiesto dal procuratore Vicente González Mota e dai parenti delle vittime. Lo ha fatto solo lo scorso febbraio, costretto dai tre giudici della Camera penale che hanno ascoltato il ricorso presentato dall’avvocato dei ricorrenti. L’ordinanza porta la firma di Francisco de Jorge, giudice supplente, perché quella settimana Pedraz era assente in licenza. Jorge decretò anche la prigione per il figlio dell’autocrate.

L’ordinanza del Tribunale penale ha evidenziato che i tre indagati sono in contumacia pur avendo avuto la possibilità di testimoniare in videoconferenza. In precedenza erano riusciti a evitare la loro dichiarazione, adducendo “impegni pubblici” che impedivano loro di recarsi in Spagna. Per quanto riguarda l’assenza di prove contro il figlio di Obiang, la Corte ha concluso che il caso ha fornito dati sufficienti per più di due anni “che indicano un suo possibile coinvolgimento” negli eventi.

La resistenza di Pedraz a ordinare la detenzione internazionale del figlio del dittatore è stata il culmine di un’indagine tormentata da decisioni che i media giudiziari definiscono “sorprendenti” e da continui insuccessi da parte della Camera penale che ha ascoltato tutti i ricorsi presentati dai denuncianti, ai quali il la procura ha sempre aderito.

Investigazione@ilpaese



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