Ultimo tentativo del giudice Santiago Pedraz di archiviare il caso per terrorismo, rapimento e tortura contro Carmelo Ovono Obiang, figlio del presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema. Il magistrato si è rivolto alla Corte Suprema chiedendo di valutare se l’ex colonia spagnola “è disposta a svolgere” una presunta indagine che sostiene di aver avviato per gli stessi fatti. La Giustizia del Paese africano ha chiesto il trasferimento della giurisdizione del caso.
Ovono Obiang, segretario di Stato per la Sicurezza estera, Nicolás Obama Nchama, ministro degli Interni, e Issac Nguema Ondo, direttore generale della Sicurezza presidenziale, sono indagati dal giudice del Tribunale nazionale per il rapimento e la tortura di quattro oppositori equatoguineani, tutti residenti a Madrid e due con nazionalità spagnola. Julio Obama, uno di loro, è morto in circostanze poco chiare. Tutti i partiti politici del Parlamento europeo hanno chiesto senza successo il rimpatrio del suo corpo e hanno condannato il regime autocrate.
Nonostante il fatto che la Sezione Penale della Corte lo abbia costretto a proseguire le indagini del caso, a richiedere mandati di perquisizione e di arresto da parte dell’Interpol contro i tre indagati e a dettare il loro procedimento giudiziario, Pedraz ha presentato una presentazione motivata alla Seconda Sezione della Corte Corte Suprema, alla quale ha avuto accesso EL PAÍS, per decidere quale paese sia responsabile dell’indagine del caso. Il giudice non ha informato le parti, l’accusa e la rappresentanza delle vittime, di includere le loro accuse in questa presentazione, cosa comune in questi casi.
Pedraz ricorda che lui stesso, nel gennaio scorso, ha emesso un’ordinanza acconsentendo al trasferimento del caso in Guinea Equatoriale, decisione che è stata revocata con ordinanze della Seconda Sezione della Camera Penale del Tribunale Nazionale. Evidenzia inoltre di aver trasformato il precedente procedimento in un sommario senza accusa e che la Terza Sezione d’Accusa della predetta Camera ha revocato la conclusione del sommario e lo ha costretto a proseguire in pendenza del procedimento che aveva acconsentito.
Il magistrato invoca l’articolo 23.5 della Legge organica sulla magistratura alla Corte Suprema ed elenca i casi in cui questi crimini non saranno perseguibili in Spagna. Ma, secondo l’opinione della rappresentanza dei ricorrenti, omette i dati rilevanti della Corte Suprema. Tra l’altro, che il caso ha in sé collegamenti territoriali tra criminalità (processo di sviluppo del reato), che gli indagati si trovavano in Spagna al momento della commissione del fatto punibile e della notificazione dell’azione penale. Né indica nel suo scritto che l’investigatore principale sia uno dei figli del presidente Teodoro Obiang. Si dà il caso che quest’ultimo detenga la più alta rappresentanza della magistratura guineana.
Il figlio di Obiang ha ricevuto la denuncia nel dicembre 2022 dalla polizia che lo stava indagando nella stanza di un albergo di Madrid dove riposava. Settimane prima, il giudice aveva ordinato agli agenti di arrestarlo al suo ingresso in Spagna, di sequestrargli telefono e computer e di portarlo in tribunale. L’istruttore non ha mai chiarito negli atti o nelle sentenze il suo ripensamento, una svolta inaspettata nelle indagini che ha causato il disagio degli inquirenti e la fuga di Carmelo Ovono Obiang. Da allora non ha più messo piede in Spagna, nonostante qui abbia residenza, moglie e figlia spagnole, proprietà, conti BBVA e società.
Catena di Vaparalos
Pedraz in questo caso ha subito una serie di colpi alle sue istruzioni. Il suo rifiuto di ordinare la detenzione internazionale del figlio del dittatore è stato il culmine di un’indagine piena di decisioni che i media legali hanno definito “sorprendenti”. La Camera Penale ha esaminato tutti i ricorsi presentati dai ricorrenti, ai quali l’accusa ha sempre aderito.
Una delle decisioni più controverse è stata proprio quando la Camera ha costretto il giudice ad aprire un processo contro il figlio di Obiang dopo che l’investigatore ha emesso un’ordinanza con cui rinunciava al caso e trasferiva giurisdizione e giurisdizione alla giustizia dell’ex colonia spagnola. Come nella sua presentazione motivata alla Corte Suprema, Pedraz ha accettato una presunta indagine per gli stessi fatti aperta in Guinea Equatoriale contro i tre alti funzionari indagati. Una manovra già tentata in Francia per salvare Teodorín Obiang Nguema, vicepresidente e altro figlio del dittatore, da un processo per riciclaggio di denaro. La giustizia francese non è caduta nell’inganno.
Tra le testimonianze del caso spicca quella di Juan Carlos Ondo, ex presidente della Corte Suprema della Guinea Equatoriale, che racconta come lo stesso presidente Obiang gli abbia ordinato di creare questa presunta indagine contro Teodorín per cercare di liberarlo dal processo in Francia per il cosiddetto caso di Merci acquisite male. Una causa per la quale alla fine venne condannato. Le dichiarazioni di Ondo, oggi latitante a Parigi e minacciato di morte dal regime guineano, non figurano nella motivazione che Pedraz ha inviato alla Corte Suprema.
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