Hard Fall of Jonas Vingegaard che mette a rischio la sua vittoria a Paris-Niza | Cicling | Sport
Catturato Hosco Foss, Victor Campenaerts, il maresciallo aerodinamico Casco Prussia, abbraccia il suo amato manubrio stretto e accelera. Alla sua ruota, casco rosso distintivo, Jonas Vingegaard. Oh, il bei spirito avviso, eccola, c’è preparato, la fantastica sinfonia del danese inizia e l’occhio all’occhio all’occhio conoscentiper stabilirsi. Ah, sì, non invano arriviamo al pendio di San Andrés, il popolo di Berlioz, che musicista, quali sinfonie. E potrebbero aggiungere, cosa fa la salita finale a Notre Dame de Sciez, che assomiglia al muro della freccia di Valona, uno stretto percorso nel Isrere, così chiudi le Alpi e perché tutte le chiese, le cappelle, gli eremi, la Chiesa cattolica li costruisce alla fine di un pendio verticale. E poi si sarebbero resi conto che le belle labbra di Vingegaard sono rosse come il loro casco rosso e gonfie come salsicce, un pugile dopo un KO nel Morros. E scoraggiato avrebbe osservato che il danese, superbo la vigilia e congelata e dura, in ritardo, e quando il suo partner Matteo Jorgenson, lo stesso a cui il giorno prima si era espropriato dalla maglia gialla, inizia da solo per interpretare la sua fantastica sinfonia nell’ascensione. Fino al ritmo, a Piñón, il pesante nordamericano e la sua ruota godono di Lenny Martínez, un minuscolo dock e Clement Champoussin, frizzante Punkerche senza pietà attaccano e superano, dentro e fuori, nell’ultima curva, 150 metri ben misurati. Vance Martínez, un diavolo su ruote.
Jorgenson, tuttavia, ha raggiunto il suo obiettivo. Recupera la maglia gialla, poiché Vingegaard ne prende altri 28 per arrivare. E mentre il californiano spiky di Trigueño che parla così bene lo spagnolo e i pedali dopo il suo passaggio e l’apprendimento da parte del Movistar si avvicina al podio per vestirsi come leader e indossare i baffi, così alla moda tra i ciclisti che credono che comprano così aria di persone interessanti, il medico di Visma. Atermine, molto pallido, gonfio, quasi sostenuto. Il suo viso è sofferenza, un riflesso di una caduta nel pendio di Trèves, 100 chilometri prima, in una fase, il quinto della Parigi-Niza, progettato come un classico delle Ardenas e lo stesso freddo invernale. Un labbro rotto che cuscina il suo viso cade e una bambola gonfia di sinistra, forse rotta, e riesci a malapena a ottenere lo spettacolo senza aiuto, e in bici, si può a malapena premere il freno e cambiare leva. E lo stesso presagio grigio che i percorsi di Vingegaard verso la cima non sono mai i più facili. Per Tadej Pogacar, l’antivegaard, una caduta è una scusa per essere eroica; Per il danese, una chiamata al dramma.
Pablo Castrillo, il miglior spagnolo, arrivò solo con Vingegaard e l’altro grande danese, Mattias Skjelmose, sebbene la dodicesima posizione sia ritardata nel generale, 1m 44s del leader.
La Paris-Niza si attraverserà venerdì, l’ultima fase piatta, la Provenza si è soleggiata per raggiungere il Mediterraneo seguendo il Rodano verso la sua fine in uno sprint prevedibile a Berre L’Etang, una periferia di Marsiglia, prima di immergersi nelle montagne che circondano la bella sabato e la domenica.
Il tirrheniano-adriatico, d’altra parte, è stato immerso giovedì nelle abolizioni sismiche con un lungo palcoscenico, toccando i 200 chilometri, a Transacco, da dove il Monte Labbrone manda venti malvagi che trasformano il palcoscenico di mezza montagna e calma in una lotta fantasy nell’altopiano. Nella durezza il più duro brilla sempre, e nessuno come Ben Healy, il ribelle irlandese, che gira in diagonale quasi con il corpo e il corpo in zigzag sulla poltrona, una Z che ricorda la geometria del nuovo bunning che lo senti così comodo a Tadej Pogacar. Ma non è che Healy sembra con precisione. Il suo attacco, inutile e quindi bello, quattro chilometri, infuria la squadra rotta, che non trova l’anima che vuole, e rafforza il suo destino: raggiunto a 400m, Healy, si arrende. Esprinta van der Poel, ma si scontra contro il muro della velocità del suo connazionale Olav Kooij, che offre a Visma la vittoria che è sfuggita a Jorgenson in Francia.
Filippo Ganna è ancora in testa con 22 su Juan Ayuso in una gara che, dopo un nuovo interludio di 200 chilometri di media dimensioni di venerdì verso Pergola, sarà deciso nella fase della regina di sabato, con un arrivo in cima a Frontignano, resort sciistica negli apennini dei marchi.