Il ministro delle Finanze, Fernando Haddad, ha annunciato mercoledì (27) un pacchetto di aggiustamenti fiscali che prevede un risparmio di 70 miliardi di real brasiliani nei prossimi due anni.
Parallelamente, il governo ha approfittato del momento per annunciare l’esenzione dall’imposta sul reddito (IR) per coloro che ricevono fino a 5.000 R$, una delle principali proposte della campagna elettorale del presidente Lula.
In un’intervista con WWgli esperti ritengono che l’annuncio di una misura di esenzione fiscale vada contro l’agenda del momento, tanto che i suoi effetti mettono in secondo piano le stime di controllo nei conti pubblici.
L’avvocato tributarista Luiz Gustavo Bichara rafforza il punto sottolineando che “la montagna ha dato i natali al topo”.
Samuel Pessôa, ricercatore presso la Fundação Getulio Vargas (FGV) e responsabile della ricerca presso Julius Baer Brasil, ricorda che il Paese si trova ad affrontare da anni un problema strutturale di crescente debito pubblico.
Recentemente, ciò che ha peggiorato la discussione è il fatto che la spesa pubblica obbligatoria – legata ad esempio all’istruzione, alla sanità, ai benefici sociali e agli emendamenti parlamentari – è cresciuta a un ritmo più rapido di quanto consentito dal quadro fiscale, il che finirebbe per limitare lo spazio nel bilancio pubblico per gli investimenti e l’eventuale mantenimento della regola.
Ciò che attira la sua attenzione è che, in un momento in cui il governo avrebbe dovuto risolvere la questione, il momento più importante sono state le dimissioni.
“Qual è il problema strutturale che preoccupa maggiormente il mercato finanziario? Ci sono regole che richiedono che la spesa pubblica cresca più velocemente dell’economia. Adesso il governo ha annunciato un pacchetto economico il cui punto più importante è uno sgravio di 50 miliardi di R$”, dice Pessôa a WW.
Il ricercatore della FGV indica che la misura potrebbe esercitare una pressione ancora maggiore sulla situazione del debito pubblico brasiliano. Sostiene che Lula potrebbe concludere il suo terzo mandato lasciando il paese con un debito pari all’86% del PIL.
“È ovvio che dobbiamo tagliare la spesa, non solo a causa della questione del debito, ma anche a causa dell’eccesso di domanda che esercita pressione sull’inflazione”, afferma.