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Gisèle Pelicot: “Questa è la prova della codardia” | Società



Il caso di Gisèle Pelicot, dopo 82 giorni e 48 udienze, è ormai un momento storico nella cronaca giudiziaria francese e nella lotta femminista. La vittima, una donna di 72 anni che per un decennio è stata violentata da decine di uomini contattati online dal marito, ha sopportato stoicamente un duro viaggio che è diventato la bandiera della lotta contro la violenza sessuale e la sottomissione chimica. E, soprattutto, un simbolo di come trasformare la vergogna che storicamente provano le vittime di abusi quando vogliono denunciare in un focus sui veri colpevoli: “Questo è il processo della codardia”, ha lanciato martedì in quello che sarà il suo ultima dichiarazione davanti al giudice e ai 51 imputati, tra cui suo marito da 30 anni.

Gisèle Pelicot e la sua famiglia hanno trovato conforto di fronte agli orrori che hanno vissuto nella possibilità che il processo possa cambiare il modo in cui questi problemi vengono affrontati in Francia. Per questo motivo, su consiglio della figlia Caroline, ha deciso che l’intero processo si sarebbe svolto in pubblico e che i giornalisti avrebbero potuto accedervi. “È tempo che la società sessista e patriarcale che banalizza lo stupro cambi. “È ora di cambiare il modo in cui consideriamo lo stupro”, ha lanciato nella sua ultima dichiarazione.

Il processo è ormai giunto alla fase finale e la sentenza è attesa entro il 20 dicembre. E la vittima ha approfittato del suo turno di parlare per guardarsi indietro. “Dall’inizio di questo processo ho sentito molte cose incredibili e inaccettabili, ma questo è come dovrebbe svolgersi questo processo: sapevo a cosa mi stavo esponendo rifiutando il processo a porte chiuse”, ha esordito la vittima. “Certo, riconosco che la stanchezza oggi si fa sentire. Sono stato onnipresente. Ed è molto difficile per me quando si dice che è praticamente una banalità aver violentato la signora Pelicot”, ha continuato.

Le udienze, alle quali Pelicot ha assistito stoicamente, hanno visto sfilare 51 imputati – compreso suo marito – che hanno cercato, in un modo o nell’altro, una giustificazione o il perdono per le loro azioni. “A che punto, quando sono entrati in quella stanza, la signora Pelicot ha dato il suo consenso? A che punto, quando ha visto il corpo inerte, non si è chiesta se in quella stanza stesse succedendo qualcosa di anomalo?” si è chiesta a questo proposito. “Ho sentito: ‘Sono stato manipolato, sono stato drogato, ho preso Zolpidem.’ Viene da chiedersi: a che punto non hanno reagito? Perché non hanno denunciato tutto questo?



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