Il generale (in pensione) Francisco José Gan Pampols, 66 anni, è dal 25 novembre secondo vicepresidente del governo autonomo valenciano. E punta alla “ricostruzione economica e sociale” della comunità, dopo la dana. È nel pieno della elaborazione del Piano Quadro che dovrebbe guidarlo, mentre in pratica è già iniziato. La sua nomina entro presidente, Carlos Mazón, ha suscitato forti critiche: soprattutto per la sua controversa gestione. La sua esperienza internazionale (Bosnia, Kosovo) e nel rilancio economico (Afghanistan) è la sua prima credenziale accompagnata da notevole sobrietà e precisione espressiva, come testimoniato in questa intervista a EL PAÍS.
Chiedere. Nel suo discorso a Les Corts ha sottolineato che il terreno è stato “sigillato”, il che facilita altre inondazioni. Come si risolve il problema per non ripetere la catastrofe?
Risposta. Questo non è l’effetto del dana, ma piuttosto è di origine antropica. Siamo noi. Abbiamo sigillato il terreno. Era poroso, permeabile in natura. Abbiamo costruito sopra, mettendo cemento, calcestruzzo, asfalto. Quindi ha perso la sua capacità di assorbimento. Non ha rimedio. L’unica soluzione è fare in modo che il flusso dell’acqua arrivi in modo più canalizzato, modularne il volume attraverso ritenzioni in testata per evitare tracimazioni, applicare sistemi di laminazione delle piene e canalizzazioni che deviino parte del flusso torrentizio verso altre infrastrutture già esistenti, come il nuovo canale del Turia.
P. Sostiene che nella pianificazione urbana occorre stabilire “criteri più rigorosi e sostenibili”. Come lo specifichi?
R. Nelle licenze. E innanzitutto nella valutazione di ciò che è stato distrutto e non può essere ricostruito, ma deve essere finito di smantellare e costruire altrove. Non ha senso essere contumaci, persistenti nel commettere errori. La legislazione ce n’è, ma va rispettata: la legge sull’acqua e le direttive europee già recepite impongono che non si possa costruire in zone soggette ad alluvioni. O abbiamo ignorato questo mandato oppure non abbiamo avuto piani urbanistici generali, come è il caso di alcune delle popolazioni colpite. Siamo nel rispetto della legge.
P. Ma è appena stata approvata la legge autonoma sulla semplificazione amministrativa, che comporta un pericolo: trasferisce ai Comuni, che sono sempre più deboli, la concessione delle concessioni nei territori alluvionali.
R. Ciò che faremo è garantire che la legge venga rispettata in tutti i suoi termini. Ciò presuppone che il primo documento sia la dichiarazione della zona alluvionale, di cui si deve tenere conto durante la pianificazione. E se c’è anche il minimo dubbio, sia sottoposto agli organi tecnici superiori. Senza mai dimenticare che il primario bene giuridico da tutelare è l’incolumità delle persone…
P. Che la tragedia non si ripeta ancora una volta.
R. Non ci perdonerebbero, né noi perdoneremmo noi stessi.
P. Ma questo Consell ha modificato il Pativel, il piano di pianificazione costiera del governo Ximo Puig, che vietava di costruire a meno di 500 metri dalla costa, e lo ha ridotto a 200. Altre barriere edilizie verso il mare.
R. Considerato il fenomeno verificatosi, il consigliere dell’Ambiente richiederà la sua revisione.
P. Dove attribuisci la priorità, nel recuperare le case o l’apparato produttivo devastato?
R. Non c’è contraddizione. Scantinati e garage sono la prima priorità. Nella misura in cui sarà garantita la loro sicurezza, passeremo all’industria, che è anch’essa una priorità, perché se i vicini non hanno il proprio lavoro e i propri mezzi di sussistenza, alla fine se ne vanno. Ora che è stata ripristinata la fornitura di energia elettrica, si va ai poligoni, soprattutto con il materiale inutilizzabile nei grandi campi, che li ostacola. Dobbiamo alleggerire la circolazione e ripristinare il drenaggio.
P. Finisce l’emergenza e inizia contemporaneamente la ripresa?
R. In alcune città e in altre zone l’emergenza è terminata. Stiamo elaborando una serie di indicatori che ci permettano di determinare se il periodo di emergenza è terminato e la ripresa sta definitivamente iniziando. Si tratta delle condizioni basilari di tutto ciò che è necessario per condurre normalmente la vita e il lavoro: elettricità, gas, servizi igienico-sanitari, mobilità delle persone. Ad esempio non c’è disponibilità di pezzi di ricambio per gli ascensori.
P. Molti hanno ancora difficoltà, sono anziani, il loro piano terra è ancora rovinato e non possono salire al primo piano.
R. Una grande differenza tra questa catastrofe e quelle precedenti è l’entità con cui ha colpito ascensori, impianti elettrici e collettori, perché è anche una zona densamente popolata con un’alta concentrazione di imprese, la più alta della comunità. Quindi il grado di impatto è molto più alto di quanto noto.
P. Quando finirà ufficialmente l’emergenza?
R. Quando tutti gli indicatori che riflettono il normale funzionamento dei servizi sono in ordine. Ora non esiste ancora la sicurezza alimentare, né una fornitura completa; Non c’è sicurezza del cittadino, perché si registrano guasti all’illuminazione notturna; Non c’è sicurezza sanitaria e non ci sarà finché tutti i centri di assistenza primaria non saranno ricostruiti. Non tutto andrà allo stesso ritmo. Alcune popolazioni se ne andranno più velocemente di altre, perché sono meno colpite o hanno subito un’accelerazione maggiore.
P. A febbraio?
R. Nel mese di febbraio la comunità nel suo insieme deve aver superato l’attuale livello di emergenza, 2, per essere a 1, il livello precedente alla normalità. Né dobbiamo affrettarci, perché la situazione giuridica di emergenza ci consente di agire con un modello contrattuale rapido e operativo, negoziato con meno pubblicità e con riduzione delle scadenze e di altri requisiti. Se dovessimo fare tutto con in mano il diritto contrattuale statale, non saremo in grado di procedere con la velocità necessaria. Non sto parlando di ritardare artificialmente questa fase, ma piuttosto di non affrettarne la conclusione. Ad esempio, finché tutti i bambini non avranno un posto a scuola nel loro comune. E che tutti i trasporti pubblici, metro e treni pendolari, funzionino perfettamente, ora ci vuole ancora il 20%.