Clementina Arderiu. “Lo spirito vive di ciò che il corpo gli dona” | Letteratura
“Maestra del pensiero, / divina Malinconia!” cantava Clementina Arderiu, vissuta dal 1889 al 1976; la sua famiglia era gioielliera e aveva un negozio in Carrer Avinyó, ma lei non voleva fare la negoziante, aveva l’animo di un’artista: il giovane poeta Carles Riba (1893-1959) la corteggiava e finì per sposarla nel 1916 Da qualche anno aveva iniziato a pubblicare su riviste e in alcune antologie. Lo stesso 1916 fa uscire il primo libro, Canti ed elegie. Già nel 1917 Josep Carner lo elogiava. Clementina Arderiu, come suo marito e come più di quattro autori del suo tempo, è cattolica, credente e praticante: questa ideologia o idea o, come dice lei, questa fede, in linea di principio, così come la presenta, non mi disgusta: durante la guerra di Spagna fa una preghiera (“Preghiera nella guerra”) che potremmo sottoscrivere: “Perdona/ per le vittorie,/ per le sconfitte,/ per le battaglie/ perdono,/ Signore!// Non tremare/ appena Morte:/ vivere mi spaventa./ Perdonami,/ Signore.// Il mondo che hai fatto/ non ti soddisfa,/ e ora lo vorresti/ di più,/ Signore?”… Forse solo nell’ultimo libro, Spero, ancoradi quando ha già 80 anni, recupera alcune poesie che possono essere considerate beatitudini.
Clementina Arderiu era la madrina del poeta Pau Riba, il che significa che lo accompagnò quando fu battezzato, e poi, quando suo nipote aveva sette o otto anni e gli fecero fare la prima comunione, gli dedicò o gli offrì una poesia , “Ofrena”, in cui lo vede come un ramo, come un germoglio, del “tronco che ci lega”, che può essere la famiglia in senso lato o, più specificatamente, può essere il tronco della poesia che nasce dal nonno Carles e da cui deriva la nonna Clementina e che continuerà col cantore-poeta Pau: colei che lo aveva battezzato, ora dando la comunione dice: “Signore, te lo offro ancora,/ lo abbiamo lucidato come una stella./ Che da la candela del battesimo/ nella luce piccola e tenue/ l’ho visto come lo vedo adesso,/ Signore, che sono la sua madrina:/ come una crema pasticcera della nostra nostalgia/ e una spina nel tronco che ci lega:/ restituiscici tutto Amore,/ ho reso tutto lui Amore e Spike”. Adesso sappiamo che la profezia si è avverata, e ancor più se vediamo questa Spiga piena di grano, di cibo, per tutti noi. A modo suo, Pau Riba ha risposto, con amore, componendo e cantando cinque poesie clementine, sul lato A del disco Da Riba a Riba (sul lato B ci sono poesie di nonno Carles), accompagnato dall’ensemble Taller de Músics diretto da Xavier Maristany e con Quico Samsó alla batteria. Una delle canzoni che mi piacciono di più, dell’album, è “Cançó del dia inútil”: la musica blues con cui canta Pau Riba si sposa perfettamente con l’inutilità della giornata inutile: “Aquest dia que fina, que fina/ lentamente , come la lampada nel vaso,/ non mi reca la gioia divina,/ neanche tu mi presti alcuna attenzione”. Nella seconda strofa, con un bel gioco di consonanti, Clementina Arderiu osa dipingerla così: “Mi lasciò nella camera / come una poltrona vecchia e inutile, / tra i mobili che mi circondano / e le mosche che mi cercano pelle”.
Una delle poesie di Arderiu cantata da Pau Riba è “Cançó del risc” (che fa parte di una sezione chiamata “Sentiment d’exili”): “Se vivo non vivo./ L’amore del rischio,/ com m’ abellia!”, dove questo “se vivo non vivo” in partenza non va inteso come la cosa mistica del “come vivo, dunque non vivo” – quella del “muero porque no muero”—, ma nel senso catalano di “si cau no cau”, di essere sul punto di vivere e non vivere, che è una costruzione, o situazione, che piace molto a Clementina Arderiu: nei suoi versi troviamo, ora con una virgola e ora senza: “se osi, se non osi”, “se verrà, se non verrà”, “ora piangi, ora ridi”, “se hai mangiato, se non hai mangiato” t mangiare”, “se era necessario, non era necessario”, “se osi, se non osi stronze”… Nella “Canzone del rischio” l’espressione appare cinque volte senza virgola e una volta con virgola, come se le prime cinque volte vivesse in questo rischio di vivere o no, e nell’altra lo pensava già questo vivere sarebbe in realtà non vivere
Nella poesia “Della libertà” il titolo va senza domande, come si vede nel Rivista della Catalogna numero 95 (Parigi, 1940): si vede, adolescente, correre, e questa visione “della libertà è un’impronta/ incisa nel profondo del cuore”, ed è bellissima.
Nel dizionario in dieci volumi di Joan Coromines, tra i derivati di tremolar c’è l’aggettivo tremoládís, e per illustrarlo cita un brano di una poesia di Clementina Arderiu, “l’eroica e magistrale compagna del maestro Carles Riba”, quando in realtà è un aggettivo utilizzato da molti autori, a cominciare dallo stesso Carles Riba nelOdisseae anche Sagarra, Bartra, Liost, ecc. Ma Coromines preferisce citare Arderiu; innanzitutto perché la poesia si intitola “Esilio” e tratta di questo, e tra l’altro rappresenta il desiderio con l’immagine di una palma di Barcellona e di casa: palma/ (…) Altalena, palma,/ l’aria sottile !”; e, in secondo luogo, perché immagino che Coromines la conoscesse, e conoscesse il carattere eroico della donna che andò in esilio in Francia con un adulto e tre adolescenti (due figli e una figlia) e volle lasciare la sua testimonianza e la sua lode. Glicini, pini, fichi, palme, viole della sua casa: afferma di essere barcellonese, dall’esilio, e colloca il ricordo esplicitamente a Sarrià, dove vissero prima di fuggire in Francia. Quando si sposarono, presero prima in affitto una casetta in alto sulla collina di Putget (e non Putxet, come barbaramente scrive la nomenclatura di Barcellona); poi si trasferirono in una casa a Sarrià e, dopo gli anni di esilio, giunsero in un appartamento sull’Avinguda República Argentina, di fronte al ponte di Vallcarca.
Clementina Arderiu è una donna forte che non ha paura nemmeno di mostrare momenti di debolezza (“Ma vedo nell’ombra nera/ come mi è venuto meno il desiderio:/ mea culpa che vorrei / mostrare sul petto./ Io non diranno più donna forte/ -Non la penso così”). Ma fin dall’inizio, nel primo libro, nella poesia “Prefigurazione” (che, come tante sue poesie, ha un’aria di canto), era stata definita così: “Non sono più la giovane fanciulla / che cerca la spina / per fare – fa caldo;/ sono la donna che si sente tutta forte/ alla porta/ e guarda e sorride”.