Bryan Adams, così felice che fa male | Notizie dalla Comunità Valenciana
SÌ. Che la loro è formula radio rock. Apertamente corrente principale. Progettato per il rock. Aorizzato sì aorizing. Pieno di riff da manuale che profuma di spavalderia rock (esiste un termine inglese, spavalderiache calza come un guanto) e anche alcune ballate che minacciano di far scoppiare il più rinomato glucometro. Ma bisogna riconoscere che Bryan Adams ha tenuto un concerto impressionante ieri sera a Valencia. Impeccabile sotto ogni punto di vista. È sempre stato il rocker più apertamente commerciale della sua generazione (John Mellencamp, Springsteen, Eric Carmen) e non ne ha mai fatto mistero. C’è una ragione per cui ha venduto più di sessanta milioni di pezzi della sua discografia. Ma offre ai suoi cittadini esattamente ciò che si aspettano. Senza pretese o false aspettative. Senza dar loro nulla. Con apparente semplicità.
A 65 anni sembra un ragazzino (normale 18 Fino alla morte suona così contagioso) e non come un pensionato. E mantiene la sua voce in una forma impressionante: con il suo proverbiale sibilo ma senza il minimo accenno della grinta che deriva dall’età. Sembra che avesse 25 anni e pubblicasse Spericolatol’album della sua conferma, quaranta fa. Suona la chitarra, elettrica e acustica, e il basso più che bene. Anche l’armonica. E forma uno strepitoso quartetto con Keith Scott (chitarra), Gary Breit (tastiere) e Pat Steward (batteria), componenti di uno spettacolo scenicamente sobrio, privo di altro armamentario che un grande schermo posteriore con immagini dal vivo (e in bianco e nero ). Ieri sera ha reso felice anche il dolore – come dice la sua canzone Così felice che fa maletitolo scritto sul gommone che volò per un po’ sopra le nostre teste – davanti a cinquemila persone nella Fuente de San Luis per due ore con un concerto rock familiare, tanto giocoso quanto innocuo, tremendamente divertente e governato da un suono eccezionale , che in tutti questi sensi mi ha ricordato l’ultimo concerto che Lenny Kravitz ha offerto in città (quello del 2012 al Velodromo Luis Puig, non quello di tre anni prima nella stessa sede, che era plumbeo). Era la sua prima volta a Valencia, se la memoria non mi inganna, e il giorno prima era salito sullo stesso palco di Manolo García, in quello che forse sarà l’ultimo concerto che ospiterà il vecchio padiglione perché è prevista l’apertura della Roig Arena estate. Anche Bryan Adams, che difficilmente può dispiacere, ha dedicato l’intero ricavato della serata alle persone colpite dalla dana del 29 ottobre.
Il canadese è più che un grande intrattenitore che un guardiano di qualsiasi essenza tribale. Naturalmente si iscrive come sempre nella tradizione del rock and roll: per questo celebra la comunione collettiva al ritmo di Venite insieme dei Beatles, per questo invoglia il pubblico a ballare con la sua trotona Tu mi appartieni (che sembra uscito dagli studi Sun di Memphis alla fine degli anni Cinquanta) e il mix con il Scarpe in pelle scamosciata blu da Carl Perkins, motivo per cui è incoraggiato dal Fai Wah Diddy Diddy di Manfred Mann prima di intraprendere Così felice che fa male ed è per questo che la serata si chiude con il classico Non riesco a staccarti gli occhi di dosso di Frankie Valli in chiave festosa che non ha nulla a che vedere, ovviamente, con la versione resa popolare dai Pet Shop Boys. Le sue ballate mi sono sempre state molto più noiose – bellissime, quelle che lo hanno elevato in vetta alle classifiche, soprattutto negli anni Novanta – ma ieri sera è diventato Paradiso in un risultato di metà tempo e si è imbarcato Tutto per amore da solo e acusticamente, senza tante storie, il che sarà sempre meglio che ascoltarlo in tutto il suo splendore e in compagnia di Sting e Rod Stewart. Naturalmente, la melassa densa di Ti prego, perdonami, Tutto quello che faccio (lo faccio per te), Brillare una luce (che ha dedicato alla madre 97enne, recentemente ricoverata in ospedale) e Hai mai amato davvero una donna? (con il ricordo di Paco de Lucía e Camarón) è caduto con tutto il peso della sua legge, senza alcuna pietà se non sei uno di quelli che fanno del tuo cellulare una lucciola (quasi mi mancano anche gli accendini, erano più epici, addirittura rischioso).
Ma dove Bryan Adams brilla di più – e convince i più scettici – è nelle raffiche di rock da stadio. Quel terreno roccioso e scivoloso che persino alcuni papi alternative e power pop che sono molto più minoritari e cult di quanto abbia mai toccato (penso a The Rembrandts, American Music Club, The Hold Steady o The Sostituziones), e nelle sue mani è un’argilla di cui sembra essere stato maneggiatore nato. cose come Ritorno a te, Corri da te, Estate del ’69, L’unica cosa che mi sta bene sei tu o Calci nel sederecon cui ha aperto la serata. Anche la vena un po’ più pop di Non possiamo fermare questa cosa che abbiamo iniziato. Sono stati la parte più convincente di un concerto impeccabile, a tratti travolgente, di quelli che creano la falsa illusione che il più accanito detrattore possa convertirsi.
La sua passione è più Disney che Filmin, ovviamente. Ulteriore Best seller Quale letteratura sperimentale. Più sandwich che caviale. Sono maccheroni gratinati e non un intricato piatto di alta cucina. Ma le diete equilibrate fanno bene ad avere un po’ di tutto. Che non capita tutti i giorni di avere voglia di guardare un film di Kiarostami o il Ulise di James Joyce.