Le sei università pubbliche di Madrid stanno attraversando una situazione economica critica che potrebbe diventare catastrofica. La diagnosi è dei suoi sei rettori, i cui consigli di governo, riunitisi ieri in maniera straordinaria, hanno appoggiato una dura lettera aperta alla presidentessa di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, in cui avvertono dello stato insostenibile in cui si trovano.
Università pubbliche forti sono la migliore garanzia di un accesso equo all’istruzione superiore che, nonostante le sue difficoltà, continua a essere un elemento chiave nella lotta contro la disuguaglianza sociale. Rappresentano inoltre un rilevante motore di sviluppo e trasformazione economica e di generazione di conoscenza attraverso la ricerca, sempre essenziale, ma ancor più in un tempo di incessanti trasformazioni scientifiche e tecnologiche. Nonostante ciò, Madrid è la comunità con il reddito più alto per capita della Spagna – 36,5% sopra la media – è quello che investe meno denaro per studente nell’istruzione superiore pubblica – 21% al di sotto della stessa media. Altri indicatori, come la bassa percentuale del PIL regionale dedicata a questa istruzione, i pochi importi destinati a lavori e ristrutturazioni nei campus o le tasse elevate pagate dalle famiglie, lasciano Madrid molto indietro rispetto al resto della Spagna e anche ad altre comunità disciplinato anch’esso dal PP. Quindici anni di tagli hanno portato cinque dei sei istituti in rosso o sul punto di crollare. Solo la Complutense, la più grande università in presenza della Spagna, ha dovuto imporre alle sue facoltà di ridurre le spese del 30%.
Ayuso sembra intenzionato a prolungare quest’agonia: il progetto di bilancio comunitario, presentato il 31 ottobre, innalza il sussidio al sistema universitario a soli 9,4 milioni di euro. Dall’anno scorso i rettori chiedevano almeno 200 milioni in più solo per alzare le saracinesche ogni mattina. La voce di bilancio per il 2025 non è sufficiente nemmeno per pagare gli stipendi del personale. Questo poco è ciò che ha portato i sei rettori a compiere il passo senza precedenti di approvare il documento comune in cui deplorano il loro strangolamento economico, nonché una dichiarazione in cui sottolineano che “non sono in alcun modo centri di indottrinamento. ” ”. Due settimane fa, Ayuso ha approfittato di un dibattito nell’Assemblea regionale per sostenere che la sinistra “ha colonizzato l’università pubblica”.
Il presidente di Madrid è l’alfiere del PP in un’offensiva ideologica contro il settore pubblico. Il modello ripete quello applicato alla sanità: anni di discredito e sottofinanziamento erodono irrimediabilmente i servizi e spingono i cittadini verso il settore privato, a sua volta ampiamente promosso da quelle stesse amministrazioni. Madrid conta già 13 università private, è in procinto di aprire la quattordicesima nonostante le informazioni ufficiali contrarie e ha altri tre progetti in fase di studio.
Il presidente ha ancora spazio per tornare indietro e modificare i bilanci in fase di elaborazione nell’Assemblea autonoma, in modo da garantire l’adeguatezza finanziaria del sistema universitario pubblico, come chiedono i rettori. Dimostrerebbe così che i suoi ripetuti proclami a favore della libertà – i madrileni che optano per un’università pubblica hanno anche il diritto di esercitarla -, dell’eccellenza educativa o del brillante andamento dell’economia madrilena non sono semplici chiacchiere o non sono soltanto servizio degli interessi privati.