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Australian Open 2025: Alcaraz e Djokovic, una reunion in grande stile | Tennis | Sport


Ancora un giorno, i fotografi si sfregano le mani: “Crac-crac-crac-crac-crac-crac-crac-crac-crac…!” Puntano i teleobiettivi e aprono e chiudono freneticamente i diaframmi della fotocamera perché Carlos Alcaraz gioca al centro; sinonimo cioè di corse, di scorci e di deliziose posture da immortalare; un’estasi estetica che, peccato!, trasmessa da chi ha pagato l’ingresso, dura meno di quanto desiderato perché a Jack Draper fa male l’anca e per quanto ci provi e quanto il fisioterapista lo assista, non riesce a continuare. Persi i primi due set, il britannico alza bandiera bianca (7-5 ​​e 6-1, in 1h 35′) e lo spagnolo approda nuovamente ai quarti australiani, con la possibilità di riscattarsi dall’eliminazione a anno fa contro Alexander Zverev. Ora, martedì, dall’altra parte della rete non ci sarà il tedesco, bensì una vecchia conoscenza, nientemeno che Novak Djokovic (6-3, 6-4 e 7-6(4) contro Jiri Lehecka). Melbourne prepara le ciotole di popcorn: un evento adrenalinico.

“Grazie a tutti per essere qui, apprezzo la vostra presenza e il vostro sostegno. Ci vediamo al prossimo round, grazie mille”, dice addio l’acuto balcanico, mentre Jim Courier si preparava a intervistarlo ai piedi della pista. Come avrebbe poi raccontato, il silenzio risponde agli insulti di un giornalista australiano di Canale 9 e, come avevo avvertito non molto tempo fa, è già più vecchio, ha spalle abbondanti e non è disposto a lasciarne passare nemmeno una. Sembra che gli importi poco dell’atmosfera che si potrà trovare nell’incontro con Alcaraz, al quale ha inflitto una dolorosissima sconfitta l’ultima volta che le loro strade si sono intrecciate. Era agosto, Roland Garros, i Giochi Olimpici. Quel giorno, il veterano assestò un duro colpo alla storia e disegnò una cicatrice che rimane. Djokovic è capace di tutto. Lo sa bene l’uomo di El Palmar, che in questa occasione approfitta del male altrui. La carrozzeria di un’auto scricchiola, un giovane inglese si fa male alla vita e cerca di ribellarsi all’irrimediabile.

Dopo un po’, il telaio di Draper richiede definitivamente una tregua. C’erano degli indizi. Proprio a causa dell’anca, l’uomo di Sutton (23 anni e 55esimo al mondo) aveva già dovuto sospendere il turno di allenamenti che lui e l’Alcaraz avevano programmato per dicembre a Murcia. “Non è il modo migliore per andare avanti. Mi dispiace per Jack, perché è un bravo ragazzo, ma ovviamente sono felice di poter giocare di nuovo i quarti qui”, dice il murciano ai piedi del campo, dove ribadisce anche il desiderio di “andare lontano”. ” nel torneo perché, alla fine, coronerebbe un inizio eccezionale di carriera, con le quattro grandi che brillano nel record. In ogni caso ormai è molto lontano, un mondo lontano dal tanto atteso 26, quindi continua con quel tono serio e deciso che sprigiona in questi giorni in fiera e dietro le quinte. Alcaraz accetta tutto e dice di sentirsi fenomenale, in buone condizioni fisiche, quindi fino a questo punto tutto sembra allineato correttamente.

Indossa le scarpe da ginnastica anni Ottanta con le righe rosa che indossava una volta Andre Agassi, e dice che di tanto in tanto condivide impressioni con lui e con John McEnroe, il cui modello non gli ha dato molta fortuna l’anno scorso. Spettacolare uno dopo l’altro, Alcaraz segue le stesse strade: quel rovescio è formidabile e quelle volée sono una prelibatezza. Video e ancora video, il ragazzo ha deglutito; tutta l’ispirazione è buona. Entrambi bevono il vento per lui. E nonostante Draper gli abbia affondato i denti non molto tempo fa, a giugno, questa volta l’inglese finisce per rompersi a causa dei danni accumulati nei round precedenti; Per la precisione 12 ore e mezza di gioco e 15 set sulle gambe, che finiscono per diventare 17 perché i muscoli finiscono per costringerlo a frenare. Se ne rammaricano gli inglesi, che poco prima avevano intravisto qualche speranza perché dal 5-2 si è andati al pareggio, che lo spagnolo finalmente annulla con un colpo meraviglioso: zasca! Stagista in corsa per sigillare.

Djokovic restituisce un rovescio contro Lehecka.Tingshu Wang (REUTERS)

Lì finisce il duello e quindi stavolta le statistiche, al di là del primo set, non hanno molto senso. Fino a quel momento, 21 flash vincenti, altrettanti errori e un’altra succosa borsa di punti con le prime di servizio (82%). Giocherà i quarti di finale per la decima volta su un grande palco, uno in più del suo allenatore, Juan Carlos Ferrero, e continuano con il compito che hanno a portata di mano. “Sono un passo avanti [del objetivo]ma quello che ho imparato nel precedente Grande Slam l’ho giocato [segunda ronda en el US Open de septiembre] “Va avanti giorno dopo giorno”, risponde ai giornalisti; “Un grande evento può essere molto lungo se pensi a ciò che accadrà o al futuro, quindi voglio solo pensare al presente, al giorno per giorno, cercando di sentirmi il meglio possibile ogni giorno, rispettando ogni round, ogni giocatore. Questo è tutto. Penso che sia di grande aiuto mostrare il proprio miglior tennis in ogni partita, pensando solo al presente e dando il cento per cento di sé stessi”.

Avrai bisogno di tutto. Tra due giorni si ritroverà con un Djokovic in ascesa e che, dopo aver perso due set nei primi due interventi del torneo, si sta ridimensionando. Questa è la tua pista, il luogo ideale per la tua carriera; e questo è dire molto perché ce ne sono alcuni. Il serbo conosce a fondo ogni angolo del centro e mentre la rampa sale e arrivano le vertigini per la stragrande maggioranza, emergono le sensazioni migliori. Contro Lehecka, esibizione di controllo. E se Alcaraz sogna di completare il trifoglio, il suo desiderio non è da meno; ottenendo il 25esimo posto e separandosi da Margaret Court lo guida e lo spinge, indipendentemente dall’età, dall’inerzia e dalle circostanze. Eroico è quel modo di competere contro la logica, contro i due fenomeni dell’ultima generazione. Riga, riga e riga. Ha 37 anni e rifiuta di inchinarsi. Per questo l’Australia ha già quello che cercava: lei e Alcaraz, una prelibatezza da cui fare faville.



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