Nel febbraio di quest’anno, i contratti di locazione da rivedere potrebbero aumentare fino al 2,28%, secondo l’indice di riferimento delle locazioni immobiliari (IRAV) pubblicato mercoledì dall’Istituto nazionale di statistica (INE). L’indicatore utilizzato per aggiornare i prezzi corrisponde alla variazione interannuale dell’IPC consolidato a partire da dicembre dello scorso anno e verrà pubblicato ogni mese. Il ritardo si verifica perché i dati sull’inflazione vengono pubblicati con qualche settimana di ritardo.
Il limite non si applica a tutti i contratti di affitto, ma dipende dalla data in cui è stato firmato. Quelli avvenuti prima del 26 maggio 2023, data di entrata in vigore della legge sugli alloggi, continueranno a utilizzare l’indice dei prezzi al consumo o l’indice di garanzia della competitività (che è limitato al 2%) come riferimento per calcolare l’aggiornamento annuale). concordato da entrambe le parti, oppure possono concordare di adattare il contratto e prendere l’IRAV come riferimento. In ogni caso tutti i contratti stipulati dopo maggio 2023 saranno soggetti al nuovo parametro.
Mentre l’IPC riflette l’evoluzione dei prezzi di beni e servizi in generale, l’IRAV è stato specificamente progettato per misurare l’evoluzione del mercato degli affitti, evitando teoricamente livelli sproporzionati. Il suo obiettivo è stabilizzare i prezzi e offrire maggiore prevedibilità sia ai proprietari che agli inquilini. Attualmente, con un’inflazione moderata, il risultato è simile, ma negli anni di crisi inflazionistica, quando si registravano tassi del 10%, l’impatto fu un vero grattacapo e costrinse il Governo a stabilire un limite alle rivalutazioni degli affitti del 2% per il 2022. e 2023.
L’IRAV combina tre riferimenti: l’indice dei prezzi al consumo, l’inflazione sottostante – che esclude i prodotti alimentari freschi e l’energia in quanto sono i più volatili – e un terzo valore corretto che considera l’evoluzione dei due precedenti, la crescita a lungo termine prevista questi (2%) e un coefficiente di moderazione, stabilito congiuntamente dai ministeri responsabili dell’Edilizia e dell’Economia, per riflettere le circostanze particolari del mercato degli affitti.
Il Ministero dell’Edilizia e dell’Agenda Urbana ha sviluppato un calcolatore virtuale, disponibile sul suo sito web, in modo che proprietari e inquilini sappiano qual è il prezzo massimo al quale può essere aggiornato l’affitto. La domanda è differenziata per tipologia di contratto. In questo modo, per un noleggio da 800 euro il cui contratto è antecedente alla data stabilita dalla norma, corrisponderebbe un canone massimo fino a 822,40 euro (se aggiornato con il CPI), mentre per quelli soggetti alla formula dell’INE sarebbero 817,60 euro. Gli aggiornamenti sono annuali, quindi i contratti iniziati a marzo 2024 verranno sottoposti alla prima revisione con l’IRAV a marzo 2025.
L’indice non ha alcun impatto sui contratti di locazione di locali commerciali, uffici, stanze, garage o magazzini. Il suo ambito di applicazione è limitato alle residenze abituali, in linea con gli obiettivi della legge sull’edilizia abitativa. Inoltre non influisce sul prezzo inizialmente concordato nel contratto. Questo rimane liberamente determinato, a meno che l’immobile non si trovi in una zona soggetta ad affitti.
La normativa prevede che la clausola di aggiornamento debba essere inserita nel contratto; In caso contrario il locatore non ha il diritto di pretenderlo. È onere del proprietario richiedere tale revisione annuale, nei limiti di legge e in base alla data di firma del contratto. Se il locatore è in ritardo nella richiesta, l’aggiornamento del prezzo è ancora valido, ma non potrà pretendere il pagamento retroattivo per i mesi precedenti.