50 anni del cubo di Rubik: è possibile risolverlo se è truccato? | Caffè e teoremi | Scienza
Nel 1974, il professore di architettura Ernö Rubik inventò un nuovo strumento per illustrare i concetti geometrici ai suoi studenti della Scuola di Arti Commerciali di Budapest. Mezzo secolo dopo, il cubo di Rubik non solo è diventato uno dei giocattoli più venduti della storia, ma ha anche generato una cultura dietro di esso. In tutto il mondo esistono diversi tipi di tornei incentrati sul cubo, sono state sviluppate numerose modifiche al suo design e ha persino sollevato questioni di interesse per i ricercatori di matematica. Ad esempio, se si imbroglia il gioco staccando alcuni adesivi e scambiandoli oppure smontandone i pezzi e rimontandoli, è comunque possibile risolverlo?
Nello studio del cubo di Rubik viene utilizzata un’area della matematica chiamata teoria dei gruppi. Questo linguaggio ci permette di descrivere in modo astratto i movimenti del cubo e dimostrare, ad esempio, che il cubo originale può sempre essere risolto (cioè rendendo ogni faccia di un unico colore) in 20 movimenti o meno, indipendentemente dallo schema di partenza. Ma cosa succede se il suo design viene leggermente modificato?
Per rispondere a questa domanda si utilizza il concetto di configurazione giuridica, ovvero qualsiasi stato del cubo di Rubik che può essere risolto. Tutti possono essere ottenuti dal cubo risolto, concatenando movimenti basati sulla rotazione di 90 gradi di una faccia del cubo: basta invertire i passaggi seguiti per risolverlo. Esistono in totale 43.252.003.274.489.856.000 configurazioni giuridiche e ciascuna di esse è un elemento di un oggetto matematico che chiamiamo gruppo.
In questa prospettiva, la domanda precedente si traduce nel verificare se, consentendo nuovi movimenti – come, ad esempio, lo scambio di colori dei pezzi del cubo – si creano effettivamente nuove configurazioni, che non sono all’interno di quel gruppo. E se, quindi, non potessero essere risolti; oppure sì: ingannando il cubo si ottiene un altro elemento del gruppo, cioè una configurazione legale e risolvibile.
Ad esempio, se i 54 adesivi venissero rimossi dai pezzi del cubo e incollati nuovamente in modo casuale, saremmo passati da una sfida complicata a una impossibile? Gli intenditori di cubi capiranno presto la risposta: le configurazioni legali dei cubi rispettano sempre determinate regole che sarebbero facili da infrangere staccando gli adesivi. In questo modo è possibile ottenere stati “irresolubili” non legali.
Nello specifico, nelle configurazioni legali, i diversi tipi di pezzi del cubo seguono regole di posizionamento specifiche. Le categorie di pezzi sono: quelli che sono al centro ―detti centri―, quelli che sono sul bordo ―bordi― e, di questi ultimi, quelli che sono sull’angolo ―angoli―. In tutto il cubo, i bordi hanno esattamente due colori diversi, e ci sono combinazioni impossibili, poiché le facce opposte non condividono mai i pezzi.
In un cubo classico, il bianco è opposto al giallo, il verde è opposto al blu e l’arancione è opposto al rosso. Ad esempio, se il bianco è sul lato superiore, il giallo sarà sullo strato inferiore. Per questo motivo non esistono bordi bianco-giallo, verde-blu o rosso-arancio. Gli angoli seguono una logica analoga ed i centri devono mantenere la stessa distribuzione dello stato risolto, poiché sono immobili rispetto ai movimenti delle facce.
Ora, se quando si modifica il cubo si presta attenzione a garantire che i colori delle facce dei pezzi seguano queste regole – il che equivale a smontare il cubo, invece di scambiarsi gli adesivi, poiché la colorazione di ciascuno verrebbe rispettata. pezzo–, si è arrivati ad una configurazione che, ora, sarà sempre possibile risolvere? La risposta è ancora negativa. Infatti, di tutti i possibili cubi modificati in questo modo – per un totale di 519.024.039.293.878.272.000 nuove configurazioni – solo uno su 12 può essere risolto.
Per effettuare questo calcolo viene utilizzato un concetto di teoria dei gruppi legato alla parità. Ogni mossa del cubo di Rubik – non solo la consueta rotazione del gioco, ma anche lo scambio dei pezzi – può essere pensata come una permutazione dei 20 pezzi in movimento. Tra questi ce n’è uno speciale, chiamato trasposizione, che consiste nello scambiare due elementi e lasciare fisso il resto. Una permutazione si dice anche se per ottenerla sono necessarie un numero pari di trasposizioni. Ebbene, solo controllando un semplice criterio, che ha a che fare con la parità delle permutazioni e altri concetti basilari, è possibile determinare se una configurazione è legale oppure no.
Applicando questo criterio è possibile individuare tutte le possibili modifiche del cubo, risultanti dallo scambio dei pezzi, che non hanno soluzione e arrivare all’affermazione precedente: il 91,7% dei cubi ingannati non potrà mai essere risolto. La parità delle permutazioni gioca un ruolo importante non solo nel cubo di Rubik, ma anche in altri puzzle, come il puzzle 15 o in questioni più profonde come la risoluzione di equazioni algebriche.
Yago Antolin È professore presso l’ Università Complutense di Madrid (UCM) e membro di ICMAT.
Silvia Centenera Si è laureata in matematica presso UCM.
Agata Timone È coordinatrice dell’Unità di Cultura Matematica dell’ ICMAT.
Caffè e teoremi è una sezione dedicata alla matematica e all’ambiente in cui nasce, coordinata dall’Istituto di Scienze Matematiche (ICMAT), in cui ricercatori e membri del centro descrivono gli ultimi progressi di questa disciplina, condividono punti di incontro tra la matematica e gli altri ambiti sociali ed espressioni culturali e ricordano coloro che ne segnarono lo sviluppo e seppero trasformare il caffè in teoremi. Il nome evoca la definizione del matematico ungherese Alfred Rényi: “Un matematico è una macchina che trasforma il caffè in teoremi”.
Redazione, traduzione e coordinamento: Agata Timón García-Longoria. È coordinatrice del Unità di Cultura Matematica dell’Istituto di Scienze Matematiche (ICMAT)