La corsa, la Copinha e il bello di rompere la routine – 01/09/2025 – No Corre
L’ho già detto: correre fa bene a tante cose, forse il contributo principale che dà è dare ai corridori l’autonomia di essere il proprio “modal” di turismo, liberandoli in un colpo solo dalla folla, dalla guida e dai costi di trasporto .
Anche che, diciamo, il runner ricreativo acquisisce col tempo un’enorme capacità di superare chilometri e chilometri, e allora l’attrazione turistica può diventare l’obiettivo immediato del gravel.
Ho una vera passione per la scoperta di nuovi posti, anche nella mia città, ed è per questo che la “Street Guide” è stato il mio libro sul comodino per diversi anni, quando ero adolescente. Mi mancavano i classici, ma non si può avere tutto.
Trasformarmi in un autobus turistico a due piani attraverso la corsa mi ha portato in molti posti diversi, qui a San Paolo e ben oltre. Ricordo, ad esempio, l’incontro con un pastore e il suo gregge sui singletrack di Olimpia, non la città di San Paolo, ma la città greca, dove iniziarono le antiche Olimpiadi; o correre spericolata per qualche chilometro sui binari del CPTM di San Paolo; oppure arrivare a Cristo partendo da Botafogo, attraversando Laranjeiras e la vasta tenuta della famiglia Marinho. Tutto questo alla grande.
Ma lasciamo per il momento da parte la corsa: c’è da dire che a gennaio lo stato di San Paolo è un invito a viaggiare.
Dagli anni ’70, questo mese si tiene la Copinha, la Coppa di calcio giovanile di San Paolo. Cercando di espandere il torneo e guadagnare di più, l’organizzazione e i club iniziarono a mobilitare sempre più stadi e sedi, molti nell’interno e molti altri nella Grande San Paolo.
Quindi, prendi un treno per visitare un nuovo stadio a Mogi das Cruzes; prendere la moto per andare a Guarulhos o Suzano; e, dopo la feijoada, un’auto diretta alle città dell’ABC o più lontano, nell’entroterra, è ormai da qualche anno una routine in queste prime settimane dell’anno. La priorità è vedere il Portuguesa, certo, ma ne vale la pena il Nacional, anch’esso della capitale, e squadre provenienti da stati molto più lontani, come questo simpaticissimo Zumbi di Alagoas.
Nota: ho pensato che questo comportamento fosse un po’ isolato e che il mio viaggio a Itapira, oltre Mogi Mirim, a 150 km da San Paolo, per assistere allo 0-0 tra Lusa e Dragão sabato scorso, fosse stato assolutamente stravagante.
Mi sbagliavo.
A Itapira ho incontrato sugli spalti di Chico Vieira un avvocato, William, che era con uno dei suoi figli, Erik, quest’ultimo con la maglia del Burra. Loro due, così come Igor, l’altro figlio, passano il tempo a “ticchettare” gli stadi. Non conta il campionato: Copinha, statale, nazionali (molto) serie inferiori, Libertadores.
In fondo, nonostante il possibile amore del club, le squadre in campo sono poche, il calcio è l’ottima scusa per viaggiare e rompere la routine.
Ed è proprio questa l’idea, questo dispositivo che mi sembra così seducente se applicato alla corsa. Prenderlo dallo stesso park, dallo stesso circuito, addirittura allo stesso orario, ci fa amare ancora di più il gravel.
E non è nemmeno necessario trasformarlo in qualcosa di funzionale, una “corsa di trasporto”, per usare l’espressione del fotografo e corridore Marcos Viana “Pinguim”. Almeno per Itapira ho preferito lo schema convenzionale. Ho speso un sacco di soldi.
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