Il TSE agisce contro la disinformazione senza aumentare la trasparenza – 03/01/2025 – Potere
Negli ultimi quattro anni, contro minacce di colpo di stato basate su attacchi alle urneo EST (Tribunale Elettorale Superiore) ha ampliato le sue attività nella lotta contro notizie false senza che vi sia una controparte nella trasparenza allo stesso livello.
Dal 2021 in poi, la Corte ha reso permanente il programma di lotta alla disinformazione, creando nel 2022 un consigli per affrontare la questione e, nel 2024, riunendo diversi attori ed organismi, ha creato il Centro integrato per la lotta alla disinformazione e la difesa della democrazia (Ciedde).
Un’iniziativa il cui funzionamento è difficilmente monitorabile è lo screening delle denunce pervenute tramite una piattaforma online, lanciata nel 2022, attraverso la quale qualsiasi cittadino può inviare in modo anonimo messaggi sospetti, in categorie ampie come quella di disinformazione che colpisce “membri, dipendenti e collaboratori del Giustizia elettorale” e rivolte ai candidati, purché incidano “sulla legittimità del processo elettorale”.
Gli esperti ritengono che, per come è concepita la struttura, si danneggia l’immagine di imparzialità della Corte, dato che esiste un’analisi preliminare del contenuto. Inoltre, senza maggiore trasparenza e senza manifestazione delle parti, c’è spazio per possibili arbitrarietà e utilizzo di criteri ineguali.
Non è possibile monitorare, ad esempio, cosa il TSE ha valutato come situazioni rientranti nell’ambito del programma e, quindi, cosa è stato inviato ai social network o ad altri partner per l’analisi, e cosa è stato semplicemente archiviato – la destinazione di una parte rilevante denunce: 1.972 su 5.250, secondo rapporto pubblicato a dicembre.
In questi casi viene solo segnalato che non c’erano dati minimi necessari per l’analisi o che erano fuori dall’ambito.
Alla domanda su come il pubblico esterno possa monitorare e controllare questo lavoro, il TSE ha affermato che le denunce vengono presentate in forma anonima in modo che “il denunciante non subisca ripercussioni” né si senta “scoraggiato dall’agire”.
Durante il processo elettorale, nemmeno i numeri generali delle segnalazioni depositate e inviate alle imprese sono state rilasciate.
Anche nel rapporto finale del TSE ci sono solo dati generici, come il totale inviato a ciascuna azienda. Non vengono riportate nemmeno le quantità per categoria né il quadro generale delle misure adottate.
Tra le aziende, Meta e TikTok hanno pubblicato i propri rapporti finali a dicembre. Ricercato da Foglio, Google e Kwai non ha risposto.
La Corte ha precisato che il resoconto dei risultati contiene “informazioni dettagliate sul numero di denunce ricevute e sul trattamento loro riservato” e che è stato prima presentato agli organi della Ciedde per essere poi pubblicato sul portale della Giustizia Elettorale.
André Boselli, coordinatore degli ecosistemi informativi della ONG Articolo 19, ritiene importante la trasparenza, ma soprattutto mette in dubbio la necessità di un controllo da parte del tribunale, al di fuori dell’azione giudiziaria.
Sostiene inoltre che, sebbene questi rinvii non equivalgano a un’ordinanza del tribunale, la piattaforma tenderà a rimuovere il contenuto inviato, per evitare problemi.
Per l’avvocato elettorale Carla Nicolini esiste un giudizio preventivo su questi contenuti dal momento in cui avviene questo screening, cosa che considera, in una certa misura, come un pregiudizio all’imparzialità.
Lei riserva tuttavia che la TSE ha agito in assenza di una regolamentazione da parte del Congresso.
Ivar Hartmann, professore di diritto all’Insper, ritiene che, senza dati più dettagliati sullo screening e sui reclami, la trasparenza e la responsabilità riguardo alle azioni del tribunale diventano irrealizzabili.
Egli ritiene che, di fronte al rischio di un colpo di stato, l’azione non ortodossa del TSE sia stata legittimata e che, invece di fare un passo indietro adesso, le misure urgenti continuino.
Pubblicato nel mese di maggio, al termine dell’amministrazione del Alessandro di Moraes davanti al tribunale, la proiezione passo dopo passo è stata coperta nel manuale do Ciedde.
Il centro è stato creato a marzo dal ministro con l’obiettivo di riunire diversi enti pubblici, come la polizia federale, il ministero della Giustizia e il ministero pubblico, nonché le grandi aziende tecnologiche e i tribunali elettorali regionali.
Si precisava che lo screening sarebbe stato effettuato da “dipendenti Ciedde”. IL Foglio ha persino interrogato la corte a lugliogià sotto l’amministrazione del presidente CarmenLuciaper quanto riguarda il profilo dei server. La risposta allora fu che Ciedde non era ancora operativa.
Nella relazione finale, il TSE ha riferito che il compito era affidato al comitato consultivo speciale per la lotta alla disinformazione del tribunale. Proprio come Moraes, Cármen Lúcia ha nominato un delegato del PF a capo di questa struttura.
A giugno, le organizzazioni della società civile, riunite nella Coalizione Diritti sulla Rete, hanno inviato al TSE una richiesta per un incontro con il team che avrebbe implementato il manuale. Secondo Foglio scoperto, non c’è stata risposta. Interrogata sul rapporto, la corte non ha commentato.
Interrogato in agosto sul rapporto, il TSE non ha nemmeno risposto perché il piano strategico per il programma di lotta alla disinformazione per le elezioni del 2024 non fosse disponibile. Lui sarebbe stato pubblicato solo in ottobredopo buona parte della campagna e quando le misure erano già in corso.
A questo proposito, in risposta a dicembre, il TSE ha affermato che la pubblicazione “ha solo formalizzato e aumentato la trasparenza” di quanto veniva attuato prima, da giugno a settembre, aggiungendo che “le iniziative e le sperimentazioni in corso hanno portato a suggerimenti e adattamenti alle il piano strategico”.
La Corte ha inoltre affermato che “ciò che viene inserito in ciascun piano non annulla né si discosta da quanto precedentemente preparato, a meno che non vi sia un cambiamento specifico”