Toffoli diventa una barzelletta nel dibattito sulla libertà di espressione
Il ministro Luís Roberto Barroso, presidente della STF, ha chiesto più tempo per analizzare l’azione che giudica la responsabilità dei social network per i contenuti pubblicati sulle loro piattaforme. L’intervento di Barroso viene visto come un tentativo di “salvare” il processo che si avviava verso la pura e semplice attuazione della censura preventiva, come votato da Dias Toffoli.
In pratica, se prevarrà la tesi di Dias Toffoli, il Brasile sarà il primo Paese ad esternalizzare la censura. Le aziende dovranno assumere esperti per decidere cosa può e cosa non può essere pubblicato. Nel suo voto, Toffoli ha spiegato la nuova logica: “La responsabilità (delle piattaforme) non deriva dal mancato rispetto di una decisione del tribunale. Potrebbe derivare da un errore di valutazione”. In altre parole, il censore privato dei social dovrà essere molto diligente, magari addirittura “più realista del re”, per non correre il rischio di lasciar passare un post che poi comporterà una multa per il azienda.
Ma la manifestazione di Toffoli che lo colloca tra i favoriti per il premio “Zucchino dell’anno” è stata quella in cui il ministro, con aria seria, ha affermato che la libertà di espressione, se fosse assoluta, potrebbe significare il diritto di un premier a lanciare un uomo dall’alto del ponte, come è successo a San Paolo. E come se non bastasse: secondo Toffoli l’assoluta libertà di espressione darebbe al marito il diritto di picchiare la moglie.