Il Signore della Guerra – 06/12/2024 – Demetrio Magnoli
“Immagina un’apocalisse. Se guardi a destra, a sinistra, tutto ciò che vedi sono edifici distrutti, danneggiati dal fuoco, dai missili, tutto. È Gaza, proprio ora.” Yuval Green, 26 anni, riservista israeliano, ha risposto alla chiamata alle armi all’indomani del 7 ottobre, ma ha deciso di farla finita e ha spiegato il suo ragionamento morale alla BBC. Ha capito che la guerra non riguarda più gli ostaggi o Hamas. E, dopo aver contemplato l’apocalisse, forse un collega te lo ha detto: Netanyahu, il signore della guerra, intende restare a Gaza.
Il Corridoio Netzarim, lungo e largo circa 7 km, attraversa la Striscia di Gaza dal Mediterraneo al confine israeliano, appena a sud della città di Gaza. Le immagini satellitari mostrano che le forze israeliane hanno distrutto centinaia di edifici situati lungo il corridoio, creando 19 basi e decine di postazioni militari. Il signore della guerra ha un piano per il dopoguerra: riportare l’orologio indietro al 2005, quando Israele ritirò le sue forze e gli insediamenti dalla Striscia di Gaza.
Proprio a settembre, una coalizione di 57 paesi arabi e musulmani ha offerto una pace sostenibile. “Noi tutti vogliamo garantire la sicurezza di Israele nel contesto della fine dell’occupazione e della nascita di uno Stato palestinese”, ha spiegato il ministro degli Esteri giordano. Le fasi sarebbero tre: 1) fine della guerra e restituzione degli ostaggi; 2) una coalizione internazionale ostile a Hamas sostiene l’insediamento di un governo dell’Autorità Palestinese a Gaza; 3) Israele aderisce ad un accordo di sicurezza regionale volto a contenere l’Iran.
Il signore della guerra ignorò l’offerta. Perché? La risposta giusta non è arrivata da qualche attivista di sinistra che nasconde il suo antisemitismo nell’utopia dello “Stato unico binazionale”, ma da Moshe Yaalon, ministro della Difesa della Netanyahu tra il 2013 e il 2016: “La strada che ci stanno trascinando è quella di occupare, annettere e promuovere la pulizia etnica”.
Netanyahu ha più delle proverbiali sette vite. L’offensiva contro Hezbollah ha aperto la strada al parziale recupero della sua popolarità. Il cessate il fuoco del Libano gli consente di concentrare le forze sull’occupazione, l’annessione e la promozione della pulizia etnica Gaza –ma anche nell’intensificare l’aggressione dei coloni contro la popolazione palestinese della Cisgiordania. Il signore della guerra ufficialmente nega, ma in pratica persegue la strategia dettata dai ministri suprematisti del suo gabinetto. Il trionfo di Trump non fa altro che incoraggiarlo ad avanzare sulla via del disastro.
Un doppio disastro – per i palestinesi, adesso, e per Israele, nell’orizzonte storico. Mesi prima di morire, nel 2018, lo scrittore Amos Oz tenne un discorso fondamentale (shorturl.at/yruX8). Ha ribadito di non essere mai stato un pacifista, ha constatato il fallimento generale degli esperimenti degli Stati multinazionali e ha acceso la spia.
Senza due Stati, ha spiegato, quello che emergerà sarà uno Stato arabo, “dal fiume al mare”. L’intervallo fino a tale risultato potrebbe essere colmato da una dittatura israeliana sui palestinesi o da una terribile violenza o da una fase di apartheid. Ma la conclusione non cambierebbe – e gli ebrei tornerebbero allo status di minoranza perseguitata in terra straniera. Alla fine, è la demografia a dettare legge.
L’alternativa sta nella proposta di pace araba, quella contro la quale il signore della guerra sta conducendo la sua guerra.
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