Archiviata l’inchiesta su due comandanti della Guardia Civil per l’operazione in cui furono assassinati due agenti a Barbate | Spagna
L’indagine di un generale e di un colonnello della Guardia Civil per presunte carenze nell’operazione di polizia che ha portato, il 9 febbraio, all’omicidio degli agenti Miguel Ángel González e David Pérez nel porto di Barbate (Cadice) quando l’imbarcazione sul quale viaggiavano è stato attaccato da un barcone della droga. La Quarta Sezione del Tribunale Provinciale di Cadice ha concluso che la morte delle due guardie civili è imputabile esclusivamente ai quattro membri dell’equipaggio di questa imbarcazione – tre dei quali sono già stati arrestati – e, in nessun caso, può essere ritenuta responsabile dello stesso ai due alti ufficiali dell’istituto armato.
“Il rischio per l’integrità fisica e la vita degli agenti della guardia civile non si è verificato a causa delle condizioni in cui prestavano il loro servizio, né specificamente perché si trovavano a bordo di uno zodiaco, una nave di dimensioni e potenza inferiori rispetto alle navi che attraccano , comunemente chiamate narcobarche, sono state localizzate, ma per l’azione dell’equipaggio della barca che ha speronato lo zodiaco”, sottolineano i tre magistrati nell’ordinanza alla quale EL PAÍS ha avuto accesso. La delibera è definitiva e non ammette ricorso.
L’indagine, ora archiviata, era iniziata dopo che l’Associazione unificata della Guardia Civile (AUGC) aveva presentato una denuncia a marzo contro entrambi i comandanti – uno è il capo generale della zona andalusa e l’altro, il capo del Comando di Cadice – ritenendoli ha commesso un presunto reato contro i diritti dei lavoratori non fornendo ai due agenti deceduti e ai quattro colleghi rimasti feriti nell’evento i mezzi necessari per agire quella notte. I denuncianti affermavano che erano stati il generale e il colonnello a dare gli ordini che le vittime eseguivano pur sapendo che i mezzi a loro disposizione erano notoriamente insufficienti e inadeguati di fronte alla minaccia che i sei barconi della droga presenti quel giorno dovevano affrontare. Si erano rifugiati nel porto di Barbate prima della tempesta che colpì la costa di Cadice.
La denuncia è stata successivamente rafforzata dalle testimonianze delle quattro guardie civili sopravvissute e che, nelle loro dichiarazioni durante le indagini sul duplice omicidio, avevano già rivelato i mezzi scadenti con cui quel giorno avevano affrontato i criminali. “La barca su cui eravamo non era in alcun modo preparata per questo compito”, ha detto uno di loro. Un altro ha definito il dispositivo “super assurdo”, che prevedeva l’installazione di una rete all’imboccatura del porto per impedire la fuga dei trafficanti di droga. Un terzo agente ha offerto le registrazioni delle conversazioni telefoniche avute con uno degli ufficiali di alto grado e nelle quali gli è stato ordinato di entrare in acqua con uno zodiac nonostante l’avvertimento sul rischio di essere investito dai barconi della droga, poiché finalmente è successo.
Ora, il Tribunale provinciale di Cadice sottolinea, però, che “la cosa abituale e quindi prevedibile” in una situazione come quella vissuta quella notte nel porto di Barbate era che “i criminali fuggono dalla presenza della polizia, poiché i membri dell’equipaggio delle altre barche che erano nello stesso posto”. Concludono quindi che la morte dei due agenti e le ferite riportate dai loro quattro compagni “sono avvenute unicamente per l’azione” degli occupanti del barcone della droga che ha infine speronato la nave ufficiale e non in conseguenza degli ordini ricevuti .
Nella loro decisione giudiziaria, i magistrati respingono anche la tesi avanzata dall’AUGC secondo cui tra i compiti specifici delle unità a cui appartenevano gli agenti che si trovavano in quello zodiaco, alcuni appartenevano al Gruppo Attività Subacquee della Guardia Civile (GEAS). ) e altri al Gruppo di azione rapida (GAR) – non vi è stata né la lotta al traffico di droga né l’identificazione dei membri dell’equipaggio di navi sospette. Il Tribunale di Cadice sottolinea che, come ha sottolineato anche la Procura nella lettera in cui ha chiesto anche l’archiviazione del caso, accanto ai poteri “specifici” di queste unità ci sono anche quelli “generici” dell’istituto armato che includono l’assunzione “delle funzioni e delle attività che, secondo la legislazione vigente, spettano alla Guardia Civil, relative all’ambiente acquatico e sottomarino”. Per tutti questi motivi i tre magistrati ordinano l’archiviazione del procedimento.
L’AUGC, attraverso un comunicato, ha assicurato che la decisione del Tribunale di Cadice “genera seria preoccupazione e profondo malcontento all’interno dell’organismo” e ha annunciato che “nei prossimi giorni avvieremo le azioni legali adeguate per invertire questa decisione e lavorare per ritornare al punto iniziale, dove i fatti possano essere debitamente indagati e analizzati” nonostante la risoluzione sia definitiva e non ammetta ricorso. L’associazione professionale, la seconda più rappresentativa nell’istituto armato, insiste sul fatto che l’archiviazione del caso incide “non solo sulla fiducia nelle istituzioni, ma anche sui diritti e sui doveri che difendiamo come membri della Guardia Civil”.