Cosa resta della “moguda” Girona? | Arte e architettura
Avevo un sospetto innocente: il mondo degli scrittori è meno divertente di quello degli artisti. Non mi restava che assistere al duo di pittrici invitate alla conferenza “Sopravvivere al contesto: due visioni artistiche sugli anni Novanta”. Sono state Roser Oliveras e Montserrat Costa a parlare di come si sono fatte strada, come donne e pittrici, negli anni provenienti da un altro pianeta. Erano affollati da un pubblico entusiasta che ha riempito la sala del Museo di Storia di Girona, tutti artisti e orbitanti del mondo dell’arte che hanno preso l’iniziativa in un’accesa conversazione attorno al tema di questa mostra, chiamata Infraloco Gli anni ’90 a Girona, un decennio di 20 anni. La mostra, allestita in diverse tappe della città, genera inevitabilmente una domanda: cosa resta della nostra Girona “mossa”?
Tanto per cominciare i protagonisti sono tanti e resta l’idea che l’arte è il chiodo e la vita la carne. Lo potremo vedere fino al mese di febbraio attraverso un ampio programma di attività, a tutto tondo recuperando la pulsazione creativa e anticonformista di quella Girona. Ciò che resta è un panorama retrospettivo e un po’ di nostalgia per chi non c’è più. C’è anche un omaggio, sempre incerto, a una Girona ribelle e vitalissima, e a un’effervescente cultura extramuseale (e interdisciplinare, diremmo adesso) radicata ai margini dei percorsi ufficiali. E sulle strade ufficiali. E sotto: come i rovi estivi, carichi di more. Era la Girona degli anni Ottanta e Novanta, dove gruppi artistici e sociali – si pensi, ad esempio, alla straordinaria gente di La Penyora – intrecciavano un cosmo culturale dotato di vita propria. In questo senso, spiegano i curatori, “l’obiettivo è sostituire il concetto di ‘controcultura’, o quello di ‘cultura alternativa’, con quello di ‘cultura espansa’”. Esteso e connesso con attori di ruoli diversi: dalla sfera giornalistica e intellettuale, attraversando rivendicazioni di strada” senza avvalersi delle consuete gerarchie, a cominciare da quelle che distinguono cultura alta e cultura popolare e, ancor meno, da quelle che discriminano tra forme diverse di attivismo ovvero tutto ciò che accade spontaneamente, effimeramente e ai margini del circuito ufficiale. Un modo di fare cultura libera, senza programmi né sovvenzioni, né etichette che possano restringerli, che mescolava discipline artistiche, spazi ricreativi e lotta dei movimenti sociali”.
Infralocalea cura di Eudald Camps e Jordi Mitjà, cerca di non cadere nella tentazione della narrazione, cercando di avvicinare tutto quel brodo in chiave visiva. Vedrai quella pluralità di artisti rappresentati in Bòlit_PouRodó; il social xup-xup al Bòlit_LaRambla; e la Girona della festa notturna a Bòlit_SantNicolau. Infine, nel Museo di Storia, troverai opere di Enric Ansesa, Manel Bayo, Cesc, Joan Casanovas o Roser Oliveras, così come manifesti, fotografie e fanzine, testimoni del movimento di un altro “tempo dei fiori” a Girona. Dal tempo dei fiori selvatici.