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La Corte Costituzionale annulla l’iniziativa legislativa popolare che proponeva di rilanciare il processo di indipendenza della Catalogna | Spagna



La Corte Costituzionale ha annullato l’iter nel parlamento catalano dell’iniziativa legislativa popolare (ILP) che proponeva l’avvio di un nuovo processo verso l’indipendenza della Catalogna. La sentenza, approvata con 11 voti favorevoli e uno contrario, stima che la proposta fosse manifestamente incostituzionale e che per questo motivo il Consiglio della Camera catalana avrebbe dovuto respingerla in toto, senza consentire il completamento della procedura di raccolta firme affinché potesse successivamente sarà discusso dalla Camera. Il voto contrario alla sentenza spetta al giudice Ramón Sáez, del gruppo progressista della Corte, il quale ritiene che l’Assemblea legislativa catalana dovrebbe poter discutere iniziative cittadine di questo tipo, senza limitazioni a priori. Sáez ha già presentato voti contrari ad altre precedenti sentenze che imponevano al consiglio di amministrazione di un parlamento autonomo l’obbligo di, a suo avviso, “limitare il dibattito politico”.

Il criterio che ha prevalso nella Corte Costituzionale, tuttavia, è stato che l’incostituzionalità della proposta era molto evidente. A tal fine, la sentenza – di cui è stato relatore il giudice Enrique Arnaldo, del settore conservatore della Corte – spiega che l’intento dell’iniziativa popolare era molto chiaro fin dal primo articolo del testo redatto, poiché nell’art. 1 Si è affermato che “la Catalogna è una nazione”, e nell’articolo 2 questa idea è stata sviluppata proclamando che “il popolo della Catalogna è l’unico titolare della sovranità nazionale”, per aggiungere che “non rinuncia e non ha mai rinunciato alla diritto all’autodeterminazione, a determinare liberamente il proprio futuro (…) in pace, democrazia e solidarietà”.

La risoluzione – alla quale EL PAÍS ha avuto accesso – cita anche alcuni dei seguenti precetti dell’iniziativa legislativa popolare, come quelli che stabilivano che “la sovranità nazionale del popolo della Catalogna è il fondamento del futuro Stato sovrano e indipendente di la Nazione catalana”, e che la decisione di dichiarare l’indipendenza “corrisponde al popolo della Catalogna come titolare della sovranità nazionale, e al Parlamento della Catalogna come suo rappresentante democraticamente eletto”. Si è inoltre affermato che “attraverso questa legge il Governo della Generalitat è autorizzato a negoziare il riconoscimento internazionale della dichiarazione di indipendenza” e che tale dichiarazione sarà “effettiva” quando “questa legge sarà approvata”.

La Corte Costituzionale non ha ritenuto necessario analizzare separatamente ciascuna di queste affermazioni, ritenendo che una visione complessiva del testo analizzato lo rendesse superfluo, poiché la proposta rappresentava di fatto un tentativo di riforma della stessa Costituzione. La sentenza spiega in questo senso che “il contenuto letterale, le finalità e i principi che informano l’iniziativa legislativa popolare nel suo complesso corrispondono a quelli di una proposta normativa la cui elaborazione e approvazione avrebbe dovuto essere incanalata attraverso il procedimento di modifica della Costituzione”. La Corte intende comprendere che ciò è dimostrato “con ogni evidenza” dal “semplice fatto che si vuole riconoscere la condizione di sovrano, nell’ambito territoriale del nostro Stato, ad un soggetto collettivo diverso da quello riconosciuto come tale nel titolo preliminare di della Costituzione”, il cui articolo 1.2 precisa che detto soggetto è “il popolo spagnolo dal quale emanano tutti i poteri dello Stato”.

La sentenza spiega che, sulla base di queste argomentazioni, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe potuto respingere l’elaborazione di un’iniziativa legislativa popolare con queste caratteristiche, ma piuttosto che la stessa Costituzione “lo obbligava a farlo”. La Corte Costituzionale ritiene, insomma, che si tratti di un progetto “la cui ammissione al trattamento mette in discussione gli espressi limiti, strettamente formali o procedurali, ai quali è sottoposto il controllo di costituzionalità”. Al riguardo, la sentenza aggiunge che il Consiglio parlamentare “avrebbe dovuto concludere, tenuto conto del contenuto dell’iniziativa, che la stessa non poteva essere qualificata come proposta di legge autonoma, poiché tale contenuto è tipico di una riforma costituzionale”.

La risoluzione sostiene quindi sostanzialmente il ricorso presentato dal Governo, che già si basava sulla tesi secondo cui la citata iniziativa eccederebbe i poteri autonomi, perché destinata ad alterare l’ordinamento costituzionale, invece di seguire gli indirizzi giuridici necessari per promuovere una riforma della Costituzione. Il ricorso si basava sull’abbondante dottrina della Corte Costituzionale in questo senso, evidenziando l’esistenza di diverse pronunce di cui il Parlamento è perfettamente a conoscenza, come dimostrano le avvertenze contenute nella relazione dei suoi servizi giuridici sull’elaborazione della proposta. La tesi centrale della contestazione era, in definitiva, che la Camera catalana non può ancora violare un mandato esplicito della Corte Costituzionale e, pertanto, ha chiesto l’annullamento totale dell’iniziativa, che è stata di fatto la decisione presa dalla Corte.



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Luca

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