Il film sulla fine degli Europei dimostra l’inciviltà umana – 17/11/2024 – The World Is a Ball
Ogni tanto guardo i servizi streaming a cui sono abbonato su Netflix o Globoplay, documentari sportivi, non solo di calcio.
“F1: Driving to Live”, sulla categoria più famosa degli sport motoristici, e “Sprint”, sugli uomini e le donne più veloci nell’atletica leggera, portano grandi storie dietro le quinte che seguono le dispute.
Pochi giorni fa, l’opzione scelta è stata ‘The Final: Chaos at Wembley’ (The Final: Attack On Wembley, nel titolo originale), uscito quest’anno, che racconta la decisione dell’Euro Cup 2020, campionato giocato solo in 2021 a causa della pandemia di Covid.
Il focus del film, della durata di un’ora e 22 minuti, è la partita tra Inghilterra e Italia, a Londra, sull’iconico palcoscenico dove la squadra maschile inglese vinse il suo unico titolo, 55 anni fa, i Mondiali del 1966.
Non era la stessa Wembley, poiché l’originale fu demolito e quello attuale, ampliato e modernizzato, prese il suo posto dopo essere stato costruito in un periodo di cinque anni, dal 2003 al 2007.
Questa finale, nell’arena soprannominata “La Casa del Calcio”, ha mobilitato come mai prima d’ora i tifosi della squadra inglese, che hanno gridato a squarciagola, per le strade, il ritornello della canzone “Three Lions”, di Frank Sinner, uscito nel 1996: “Il calcio sta tornando a casa”.
L’Inghilterra è considerata il luogo d’origine della versione moderna del calcio, emersa alla fine del XIX secolo.
Il canto era intenso il giorno della finale, l’11 luglio 2021, una solida domenica nella capitale dell’Inghilterra, e non si è sentito solo questo coro. C’era una frase curiosa, nel mezzo di una canzone, in cui veniva menzionato il difensore Harry Maguire, elogiato per avere una “testa enorme”.
La narrazione del film diretto da Kwabena Oppong e Robert Miller si concentra sulle ore precedenti lo scontro in campo tra inglesi e italiani.
Mostra l’arrivo di migliaia di tifosi (per lo più uomini), fin dalle prime ore del mattino, all’Olympic Way, un ampio viale, lungo circa 1 km, che collega la stazione della metropolitana di Wembley Park allo Stadio di Wembley.
La partita sarebbe iniziata alle 20, ora locale, e gli inglesi avrebbero avuto tutto il tempo per praticare uno degli “sport” che amano di più: bere birra (venduta senza restrizioni dai negozi lungo la strada).
Nel film si racconta che vi era anche un elevato consumo di cocaina.
Alcol e droghe causano nella maggior parte delle persone effetti psichici malsani, come euforia sfrenata, perdita di percezione, mancanza di autocontrollo, aggressività.
Colpiscono le immagini viste sulla Via Olimpica, con persone fuori dal loro stato normale appese ai semafori, che si arrampicano sui lampioni e che ballano sugli autobus.
Lattine e bottiglie di birra sono volate in aria, con evidente rischio di lesioni a chiunque si trovasse, prima di accumularsi in mucchi di spazzatura sull’asfalto.
Il peggio, però, doveva arrivare. Con i cancelli aperti, cinque ore prima del calcio d’inizio, migliaia di tifosi senza biglietto hanno deciso di “avere il diritto” di entrare nello stadio per vedere la possibile impresa storica della squadra inglese. In una parola: invadere.
Da quel momento in poi, ciò che suggerisce il titolo del film: il caos. Parola adeguata, ma ce ne sono altre, e ognuno ha bisogno di vederle per dare la propria definizione. L’espressione “tutto va bene” calza a pennello.
Sbarre abbattute, porte forzate e sfondate, guardie giurate sfidate, imprecate (compresa un’esplicita xenofobia verso chi è di origine araba) e soppiantate da un’orda di fanatici. Corsa sfrenata. Persone (innocenti e non) a terra, calpestate. È spaventoso.
Non ci sarebbe stato alcun sovraffollamento, visto che i biglietti venduti (67mila) erano lontani dalla capienza totale (90mila) – il limite era dovuto proprio a ragioni di sicurezza –, ma l’organizzazione, rintanata in un centro dotato di telecamere, si è trovata di fronte il dilemma se fermare i cancelli, bloccare l’accesso alle bicões, rischiando di schiacciare le persone, oppure tenerli aperti e continuare la confusione.
Preoccupazione che, una volta controllato lo slancio in avvio, è rimasta fino alla fine della partita. Migliaia di tifosi, a cui è stato impedito l’ingresso, sono rimasti davanti allo stadio. Con la partita decisa ai rigori, il direttore di Wembley ha dovuto tifare contro l’Inghilterra, perché la vittoria avrebbe sicuramente provocato un altro tentativo di incursione sfrenata nell’arena, per vedere i campioni.
Con suo sollievo, diede l’Italia.
L’euforia lasciò il posto alla tristezza. E la rivolta sui social, in tono razzista, contro i giocatori inglesi (Marcus Rashford, Jadon Sancho e Bukayo Saka, nero o marrone) che sprecarono i loro rigori. Rashford ha fatto vandalizzare un murale in suo onore.
Tutto ciò si evince dall’assoluta impreparazione dei soggetti coinvolti (la federazione inglese e le forze dell’ordine, in primis) in un evento che già si sapeva potesse essere problematico. Per fortuna non è morto nessuno: ci sono stati feriti, nessuno in modo grave.
È inoltre chiaro come il popolo inglese (o almeno una parte di esso) possa essere, oltre che irascibile, intollerante nei confronti dei non bianchi e dei non britannici.
“The Final: Chaos at Wembley” è un film che esemplifica come il calcio possa, in alcune occasioni, essere estremamente pericoloso per i suoi partecipanti. Ed espone come gli esseri umani, sotto determinate influenze, cessano di essere umani.